Per ragazzi che frequentano questo mondo informatico il problema della "fotogrammetria" non ha motivo di esistere. Eseguire una ripresa stereoscopica non comporta alcuna difficoltà, anzi, dopo aver osservato un’immagine tridimensionale, sembra assurdo fotografare un oggetto da un solo punto di vista. Per chi si interessa di realtà virtuale, la visione stereoscopica è una cosa familiare e non è il caso di far ricorso agli... "antiquati" stereoscopi: esistono gli occhiali per videogiochi, come quello riportato in figura. I due fotogrammi digitali possono essere osservati, mediante due piccoli schermi. Poiché il casco è dotato di sensori, ruotando la testa è possibile far scorrere un fotogramma o più fotogrammi dietro lo schermo ed avere la sensazione di muoversi in uno spazio tridimensionale. Per quel che concerne le misure, tutto si riduce nel memorizzare le coordinate, rilevate dal fotogramma con il solito "click", trasferirle nel sistema di riferimento determinato dalle marche di riferimento ed inserirle nelle solite formule. In figura è riportata la prima versione di StereoFot, così come è stato presentato da Piero Grimaldi e da Dario al XIV International Symposium del C.I.P.A.(Comité International de Photogrammétrie Architecturale), che si è tenuto a Delphi (Grecia) nell’ottobre 1991. Il nome primitivo "Pluto" e le immagini in bianco-nero indicano chiaramente la provenienza del programma dal mondo dei videogiochi. Il programma non prevedeva ancora l’archiviazione dei dati, ma consentiva solo la misura della distanza tra due punti. Per avere a disposizione l’intera immagine sullo schermo, i fotogrammi stereometrici venivano mostrati in successione e su ciascuno erano disponibili due riferimenti da posizionare sui punti interessati. La distanza appariva nel campo in basso a destra. E’ possibile evidenziare l’influenza della "mentalità scolastica", preoccupata di mostrare tutti i risultati parziali. Sarebbe sufficiente analizzare l’intera evoluzione del programma "StereoFot" per rendersi conto di come qualsiasi applicazione pratica, sufficientemente motivata, porti lo studente a studiare a fondo la teoria. Nel caso del programma in oggetto, l’obiettivo non era certamente lo studio della fotogrammetria, ma la diffusione di un software che consentisse di rilevare le misure dalla fotografia. La necessità di una precisa individuazione dei punti ha fatto accantonare ogni pretesa di rendere veloce il programma, rendendo spontaneo il passaggio dalle fotografie in bianco-nero a quelle a 256 livelli di grigio e, successivamente, a migliaia di colori. L’immagine riportata nella pagina successiva si riferisce alla versione 3.0.7 di StereoFot, redatta con superCard ad appena un anno dalla nascita. Il problema della bassa risoluzioni dell’immagine fotografica è stato risolto con la scansione a 256 livelli di grigio ed immagini di grandi dimensioni che possono scorrere dietro piccole finestre. Per l’osservazione stereoscopica era stato costruito un piccolo stereoscopio ad un solo specchio, in cartone nero ed applicabile sul monitor, motivo per cui l’immagine di destra è stata resa speculare. Per far scorrere le due immagini è possibile trascinarle con il cursore o utilizzare i tasti esistenti sul pannello comando. Le coordinate dei punti rilevati vengono visualizzate singolarmente e possono essere archiviate in un campo a scorrimento, esistente sul pannello di controllo. Selezionando nel campo a scorrimento i punti memorizzati, è possibile averne la rappresentazione nei tre piani di riferimento, che sono riportati in tre finestre ridimensionabili e posizionabili a piacimento sullo schermo. Sullo stesso pannello sono riportati quattro pulsanti che consentono di collegare automaticamente i punti con linee di spessore prescelto. Risulta evidente che tutto il programma StereoFot rimane semplicemente un semplice esempio di come lo studio può motivare e gratificare un giovane, aiutandolo a rendere la propria ricerca produttiva ed utile alla società. Indubbiamente, in questa ipotesi cambia o "rivive" il ruolo del docente, per il quale lo studente è paragonabile ad un aquilone. Perché un aquilone raggiunga grandi altezze è necessario saper dosare la tensione del filo: non bisogna tenerlo molto teso, per evitare che si spezzi, e non bisogna tenerlo molto lento, per evitare che l’aquilone cada. Tutto questo non comporta affatto un lavoro più gravoso per il docente, poiché gli alunni motivati procedono da soli e più speditamente: occorre solo vigilare che non si allontanino troppo dal tracciato prescelto! Certamente va dato per scontato che un simile tipo di didattica richiede che il docente continui a studiare e a provvedere al proprio aggiornamento e questo serve anche a restare svegli e giovani di spirito. Nell’anno scolastico 1992/93, al quarto anno, Dario, preso atto dell’impossibilità di utilizzare i computers della scuola, ha portato in classe il proprio computer da tavolo, un Macintosh LC. Alcuni professori si sono mostrati all’altezza della situazione. Le immagini qui riportate fanno parte del progetto svolto in "tecnologie delle costruzioni". Il prof. Matteo Difino, responsabile del corso, si è limitato a verificare la validità delle idee progettuali presentate, senza fermarsi a giudicare come queste fossero illustrate. L’accettazione del progresso è sempre un problema culturale. Anticamente, in occasione della costruzione di un noto capolavoro a Firenze, il bando di concorso consentiva di illustrare il progetto "in qualsiasi modo e con qualsiasi mezzo" e i risultati li possiamo ammirare ancora oggi. Nel caso del progetto scolastico, il computer consente di "scand
"scandagliare" l’idea progettuale non solo da parte dello stesso alunno, che ha la possibilità di verificarla, ma anche da parte del professore, che ha la possibilità di entrare nei minimi particolari. La stessa presentazione sarebbe impossibile se i disegni fossero eseguiti a matita su carta, sia per le capacità richieste sia per i lunghissimi tempi necessari. Le idee dei giovani vanno prima prese in considerazione e poi corrette. Dario ha presentato il progetto in forma multimediale, con animazioni realizzate sul computer e riversate su videocassetta e, a fine anno, tutta la classe ha potuto vedere il progetto, in aula magna, sullo "schermo televisivo". Tutto questo non ha destato meraviglia nei compagni, perché è una realtà che essi vivono, ma è stato motivo di stimolo, tanto che, per parecchio tempo essi hanno frequentato il laboratorio di S.Scolastica. Un altro semaforo verde all’uso del computer è stato dato dalla docente di "Estimo e contabilità". Peccato che, ancora una volta il computer sia stato scambiato per uno strumento di calcolo! Sarebbe stata una bellissima occasione per la redazione di una scheda multimediale, analoga per funzionamento a quella riservata alla documentazione, anzi avrebbe potuto esserne l’integrazione. Eppure il programma era partito nel modo giusto: si apriva con una cartina, la cui scala di rappresentazione poteva essere variata con il pulsante "Zoom", e su questa un quadratino rosso mobile indicava i percorsi destinati al collegamento dell’azienda al paese e alle contrade interessate. Poi tutto si è fermato a calcoli matematici per la redazione delle tabelle! L’illustrazione multimediale interattiva dell’azienda è rimasta nel mondo delle idee represse. Compito dell’Estimo è quello di rendere oggettivo il giudizio di stima relativo ad un immobile e quale occasione può essere migliore della documentazione interattiva di tutto ciò che ha portato alla valutazione dell’immobile stesso? Il problema non è affatto diverso da quello relativo all’illustrazione del progetto architettonico visto prima: si tratta di dare una risposta ad ogni domanda che l’utente può porre, al fine di chiarire i motivi che sono stati alla base di ogni scelta progettuale. Resta tuttavia da prendere atto che il problema è stato impostato ed accettato. Purtroppo in altre discipline i relativi docenti si sono "irrigiditi" sulle proprie posizioni in nome della libertà d’insegnamento! Che cosa un docente intenda per "libertà d’insegnamento" è difficile da chiarire. Nell’ambito della ricerca, il sottoscritto ha tentato di accertarlo, anche a costo di una querela. Il "casus belli" è stata una lettera, scritta su carta intestata della cattedra di "Fotogrammetria architettonica" del Politecnico di Bari, inviata al docente di topografia, ing. Giancarlo Vestrucci, in cui facevo rilevare la non coerenza tra il programma di topografia svolto nel corso "A" e quello ministeriale. Nella lettera, inoltre, ricordavo il girone riservato da "padre Dante" ai topografi, i quali "sono condannati, per l’eternità, a sistemare il terreno così come lo hanno rilevato in vita". A parte la querela, la lettera è rimasta senza risposta, ma, a conclusione di una nota chiarificatrice, inviata al proprio preside in data 8.4.1993, il prof. Vestrucci scriveva "Ma per un ragazzo che svolgerà la professione in provincia, non è più utile addestrarlo con i livelli e i tacheometri più alla portata delle sue possibilità economiche?", ignorando le chiare direttive ministeriali, secondo cui "gli strumenti impiegati nelle esercitazioni dovranno essere dei tipi più moderni messi a disposizione dalla tecnica e dovranno essere sistematicamente impiegati dagli alunni sotto la guida e con la collaborazione dell'insegnante, al fine di conseguirne una sufficiente padronanza". Il professore non immaginava che almeno uno dei suoi studenti si fosse iscritto al "Pitagora" per usufruire dei moderni strumenti in dotazione al laboratorio, e non si rendeva conto che essi avrebbero potuto aspirare ad entrare in uffici tecnici o iscriversi alla Facoltà d’Ingegneria! Per quanto riguarda la Topografia, le avvertenze del programma ministeriale non lasciano dubbi: "l'impostazione del programma e la suddivisione della materia fra le tre classi del triennio superiore sono stati concepiti sulla base delle seguenti considerazioni:
1) I'inscindibilità tra problemi planimetrici ed altimetrici nelle operazioni di rilievo del terreno;
2) l'opportunità di mettere gli allievi a contatto col terreno fin dalla prima classe del triennio;
3) l’esigenza di fornire agli allievi una preparazione, teorica e pratica, moderna e sufficiente a consentire al giovane diplomato un rapido inserimento nel mondo del lavoro.
Ai fini della preparazione degli alunni, l'insegnante terrà sempre presente lo stretto legame che intercorre fra la trattazione teorica e le applicazioni pratiche e darà alle due parti del programma un adeguato sviluppo. In particolare si consiglia vivamente di fare svolgere dagli allievi dei lavori completi, anche se di modesta entità, in modo che essi non perdano mai di vista l'aspetto globale dei problemi."
Quel "contatto con il terreno" previsto dalla legge fin dal terzo anno, gli alunni del prof. Vestrucci lo hanno avuto solo alla fine del quarto anno, nel cimitero di Sannicandro, in provincia di Bari. Non sono stati mai chiari i motivi della "macabra" scelta, ma di certo non esiste traccia della "rappresentazione grafica del rilievo eseguito", unico scopo del disegno topografico. L’esercitazione ha avuto luogo nella tarda mattinata, sotto i raggi cocenti del sole di fine maggio e a poco è servito l’ombrello che Dario, nel pieno rispetto della tradizione topografica, aveva portato con sé. Ma il vero problema, che non è stato possibile affrontare, grazie alla "libertà d’insegnamento", è stato l’uso "distorto" della cartografia, argomento sul quale era già stato organizzato un convegno internazionale nel 1991 ed al quale aveva partecipato lo stesso Preside del "Pitagora". Il problema è tutt’altro che secondario, come lo si vorrebbe far apparire. Un aneddoto racconta che, durante una tempesta, il passeggero di una nave chiese al capitano se ci fossero possibilità di salvezza e che il capitano fece il quadro della situazione ponendo sempre due possibilità. Naufragare o superare la tempesta; riuscire a calare le scialuppe o finire in mare; salire sulle scialuppe o annegare e cosi via. In ultimo prese una cartina e, indicando un punto, disse: "o questa è un’isola e allora siamo salvi; oppure su questa carta si è posata una mosca e in tal caso non abbiamo speranza!". Passando dalle carte nautiche a quelle topografiche, esiste sempre la possibilità che qualche mosca si poggi e lasci il proprio segno. Allora i casi sono due: o l’utente della cartografia si trova ancora nei banchi di scuola e non succede niente, oppure è già diventato tecnico comunale e allora il deposito della mosca diventa una "costruzione abusiva". Ma l’uomo riesce anche a fare a meno degli insetti e rappresenta sulla carta edifici che sulla fotografia sono solo costruzioni provvisorie oppure è capace di ignorare monumenti che si trovano sul tracciato stradale. Poiché in questo settore è difficile definire il confine tra "buona fede" e "dolo", non rimane che insistere sulla corretta formazione dei tecnici. Nella figura soprastante è stata riportata la rappresentazione di una stessa zona di Bari in diverse scale: ciò che non bisogna trascurare è il rapporto esistente tra la scala della carta e quella dei fotogrammi da cui essa è stata ricavata. Non è difficile rendersi conto che le informazioni riportate sulla carta 1/2000 non potranno mai esistere sulla carta 1/25000. Il fine, per cui la legge prevede che il progetto esecutivo di una strada debba essere redatto sulla carta 1/2000, è proprio quello di garantire un attento esame del territorio interessato: spetta alla scuola la formazione di tecnici capaci di leggere il territorio. La cartografia viene redatta o mediante rilievo diretto o tramite rilievo fotogrammetrico. Nel primo caso il progettista ha la possibilità di leggere direttamente il terreno, nel secondo caso può farlo tramite l’analisi stereoscopica dei fotogrammi forniti insieme alle carte. Da un’attenta indagine svolta è risultato che sia i Comuni che gli Istituti tecnici per geometri sono sprovvisti di stereoscopi. Il costo di questi non supera il milione di lire, in confronto alle decine di milioni di lire spese per rilievi aerofotogrammetrici (da parte dei Comuni) o per l’acquisto di restitutori fotogrammetrici (dalle Scuole). Il "contatto con il terreno", previsto dalla legge fin dal terzo anno degli I.T.G., ha proprio lo scopo di abituare gli studenti al riscontro diretto di quanto viene riportato sulle carte e a far in modo che essi si rendano conto della rapida obsolescenza delle carte stesse. Il programma ministeriale di Topografia prevede, al quinto anno, la "compilazione del progetto definitivo di un breve tronco stradale, completo di tutti gli elaborati richiesti nei lavori per conto di Enti pubblici". Non è scritto da nessuna parte che deve trattarsi di "strada di montagna", quindi l’esecuzione del "tracciolino", senza la verifica dell’impatto ambientale, rappresenta un’esercitazione piuttosto pericolosa ai fini didattici e potrebbe ridursi ad un autentico pretesto per tenere impegnati gli studenti. Poiché a differenza delle carte 1/25000, la cartografia in scala 1/2000 deve essere commissionata con una chiara finalizzazione, il primo passo del progetto stradale dovrebbe essere la progettazione del rilievo aerofotogrammetrico: non a caso nel programma ministeriale di Topografia, al quinto anno, l’argomento "fotogrammetria" precede quello di "strade". Il "breve tronco stradale" potrebbe essere progettato in territorio comunale, dove esiste una cartografia nella scala desiderata e, possibilmente, dove esista già un tronco di strada realizzato o in corso di completamento: gli studenti avrebbero così un riscontro alle loro scelte, sia nel progetto della cartografia che in quello stradale. Quando gli insegnanti assegnano per ogni studente un progetto diverso, oltre a contravvenire alle direttive ministeriali tese ad incentivare il "lavoro di gruppo", fanno emergere la propria preoccupazione di "giudicare" più che di "formare" i propri alunni. L’interrogazione scolastica, invece di essere un momento di verifica della didattica ed un pretesto per aprire "nuovi orizzonti" si trasforma, quasi sempre, in una "dimostrazione di autorità" da parte del docente, impegnato a rispettare le percentuali dei promossi e dei bocciati. Mettendo a disposizione il laboratorio di S.Scolastica (in particolare il "tavolo con piano luminoso"), ho avuto modo di seguire i lavori di alcuni studenti dell’I.T.G "Pitagora". Uno di questi aveva "lucidato", in tutti i particolari, l’ingrandimento (lungo oltre due metri), ottenuto con fotocopie, di una zona della carta 1:25000. Di fronte alle mie osservazioni, ha risposto "si, ma se facciamo questo il professore mette qualche voto in più". Quando questo "geometra" arriverà all’Università o in qualche ufficio tecnico e affronterà l’esame della vita, pronuncerà la solita frase "così hanno insegnato a scuola".