Per due anni, almeno cinquanta ragazzi della scuola elementare "Balilla" hanno sognato di poter realizzare una città in miniatura, nel parco di largo 2 giugno a Bari, sul tipo di Legoland esistente in Danimarca. Nella piccola comunità studentesca era stato eletto il sindaco, si stava sperimentando una metodologia di progettazione mediante il computer, con l'ufficio tecnico completamente automatizzato. Ciò che per i piccoli rappresentava un gioco, avrebbe potuto essere un filone di ricerca per i grandi, sia che si trattasse di urbanisti, che di informatici o di... insegnanti. Invece non se ne è fatto niente, anzi una delle insegnanti, la più entusiasta, a fine anno ha ricevuto una nota di biasimo. Evitando ogni tipo di recriminazione, procediamo con ordine nell'analisi della ricerca svolta. Cominciamo dal laboratorio di Quartiere, il cui progetto, pur essendo di estremo interesse, sembrava essere finito nel nulla, dopo la sceneggiata televisiva. La partecipazione dei ragazzini alla vita del laboratorio, era un'idea bellissima, ma occorreva che essi fossero messi in condizioni di frequentare una struttura basata sull'impiego delle nuove tecnologie. La ricerca è partita proprio dall'idea di avviare un nuovo processo di alfabetizzazione: si trattava di imparare a leggere e scrivere in un nuovo linguaggio. Compito primario della scuola è quello di insegnare a comunicare e, oggi, "carta e penna" non bastano più. Quando l'analfabetismo era molto diffuso, esisteva la figura dello scrivano. A lui si rivolgeva la madre che doveva comunicare con il figlio lontano. Il messaggio veniva comunicato a voce dal mittente, interpretato e scritto dallo scrivano, quindi spedito. Molto spesso, anche il destinatario non sapeva leggere ed era costretto a ricorrere ad un "interprete", che effettuava un secondo filtraggio di ciò che il mittente intendeva comunicare. Si racconta di quel tale che, per farsi leggere le lettere, ricorreva al parroco e, un giorno, avendo notato che questi, ogni volta, si metteva gli occhiali, s'illuse di poter risolvere il proprio problema culturale acquistando un paio di occhiali. Non si è mai saputo se questo episodio sia realmente accaduto, però oggi si verifica molto spesso: quanti sono, infatti, coloro che ricorrono alle nuove tecnologie con l'illusione di poter superare le proprie carenze culturali? Viceversa quanti, in nome dell'ignoranza o con altri pretesti, si rifiutano di prendere contatto con le nuove tecnologie?

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