Per una comoda analisi del modello ottico tridimensionale, esistono in commercio strumenti, più o meno complessi, chiamati stereovisori o stereoscopi .Il motivo per cui abbiamo bisogno di questi strumenti è abbastanza banale: sin dall’infanzia il cervello si è abituato a rendere convergenti gli assi visuali per osservare oggetti posti a breve distanza e non è capace, senza un adeguato allenamento, di renderli paralleli (o addirittura divergenti) per dirigerli sui punti corrispondenti di una coppia stereo di fotografie. Qualsiasi sistema di stereovisione, dunque, deve scegliere tra due vie: deviare gli assi visuali, in modo da dirigerli sui punti corrispondenti dei due fotogrammi (che in tal modo possono essere affiancati), oppure sovrapporre le coppie di immagini fotografiche e consentire la visione separata facendo ricorso ad opportuni filtri o meccanismi. Con un po’ di pazienza, però, è possibile fare a meno di questi strumenti sfruttando, questa volta a nostro vantaggio, l’abitudine, acquisita dal cervello, di rendere gli occhi convergenti nell’osservazione di oggetti vicinissimi. Infatti se osserviamo la punta di una matita posta in prossimità del nostro naso, la convergenza degli assi visuali sarà massima e potremo allineare a sinistra (lungo l’asse visuale destro) un punto del fotogramma destro e a destra (lungo l’asse visuale sinistro) il punto corrispondente della fotografia di sinistra (per far ciò è sufficiente chiudere alternativamente gli occhi e nascondere dietro la punta della matita i punti corrispondenti). Togliendo la matita, durante i primi tentativi, vedremo le due immagini oscillare e fondersi solo per alcuni istanti, ma in seguito, con un minimo di allenamento, si può fare anche a meno della matita ed osservare comodamente, persino nei particolari, l’immagine tridimensionale. Tra gli strumenti che consentono la visione di coppie stereo di fotogrammi ricordiamo:
- gli stereoscopi a lenti, costituiti essenzialmente da una coppia di lenti destinate a deviare gli assi visuali e mettere a fuoco l’immagine fotografica, che generalmente viene posta ad una distanza inferiore a quella minima di osservazione. Appare superfluo far notare che questo tipo di stereoscopio consente l’osservazione di fotografie aventi una larghezza non superiore alla distanza interpupillare;
- gli stereoscopi a specchi, costituiti da una coppia di lenti ed eventuali oculari d’ingrandimento (destinati a deviare gli assi visuali e a ingrandire l’immagine) e da due coppie di specchi disposti in modo da aumentare la distanza tra gli assi visuali stessi.
Tra i sistemi, che consentono di conservare la convergenza degli assi nella osservazione dei fotogrammi, conviene ricordare:
- il sistema anaglifico, secondo cui le due immagini stereo vengono proiettate dopo un filtraggio con colori complementari (rosso e blu-verde). L’immagine proiettata con filtro rosso è visibile solo dall’occhio dotato di filtro blu-verde e viceversa (a condizione che i colori dei filtri siano gli stessi). In sostanza, pur essendo sovrapposte, le due immagini possono essere osservate indipendentemente ma contemporaneamente. Quando l’osservazione dell’immagine avviene per riflessione, la variazione d’illuminazione comporta una variazione della gradazione del colore, per cui, in caso di disegni stereo, conviene disegnare su fondo nero ed osservare le due prospettive, ciascuna con il filtro dello stesso colore.
- la proiezione con luce polarizzata. Consiste nel proiettare le due immagini con luce polarizzata secondo due piani ortogonali, utilizzando per la visione occhiali (tipo Polaroid) i cui filtri sono orientati secondo gli stessi piani di polarizzazione dei proiettori, in modo da consentire all’occhio sinistro solo la visione dell’immagine di sinistra e all’occhio destro solo quella di destra;
- la proiezione alternata dei due fotogrammi. Se proiettiamo un’immagine su uno schermo e spegniamo il proiettore, l’immagine permane sulla retina per una frazione di secondo, tanto che se la durata dell’interruzione della luce è inferiore ad essa il cervello non recepisce la momentanea mancanza dell’immagine sullo schermo. Sfruttando questo principio, le due immagini stereo vengono proiettate alternativamente sullo schermo, mentre un apposito meccanismo, sincronizzato al proiettore (o televisore), provvede a coprire alternativamente il campo visivo dei nostri occhi e, ancora una volta, il cervello potrà ricevere separatamente ma contemporaneamente la coppia di immagini stereo.