Se si mantiene inalterato l’orientamento interno e quello esterno dei due fasci di raggi proiettanti l’immagine (orientamento di restituzione uguale a quello di ripresa), la scala del modello ottico è data dal rapporto tra la base di restituzione e quella di ripresa. Nel caso della semplice osservazione stereo, la base di restituzione corrisponde alla distanza interpupillare (il cui valore medio possiamo ritenere di 6,5 cm.) ed il modello ottico risulterà maggiore, uguale o minore dell’originale se, rispettivamente, la base di ripresa sarà minore, uguale o maggiore della stessa distanza interpupillare. L’aspirazione di fornire all’osservatore un modello perfettamente uguale all’originale, ha guidato i costruttori nel realizzare macchine fotografiche stereo con due obiettivi posti ad una distanza reciproca uguale a quella interpupillare. Queste macchine non hanno avuto molto successo, ciò non a causa delle apparenti difficoltà di osservazione delle fotografie da esse fornite, come alcuni ritengono, ma piuttosto perché i vantaggi delle fotografie, con esse ottenute, rispetto a quelle fornite dalle comuni monocamere, si evidenziano solo nel caso di oggetti fotografati da breve distanza, mentre diventano trascurabili o nulli nelle fotografie panoramiche. Per rendersi conto della reale importanza che ha la fotografia stereo nell’analisi dimensionale, è sufficiente fotografare gli oggetti con una base di ripresa idonea a fornire un modello in scala tale da potersi osservare ad una distanza non superiore ad un metro. E’ fuor di dubbio che, avendone la possibilità, preferiremmo effettuare, ad esempio, l’analisi dimensionale di una mosca su di un suo modello venti volte più grande e quella di un edificio su di un modello cento o duecento volte più piccolo. I motivi che determinano tali preferenze sono da ricercarsi essenzialmente nel fatto che impegnando, con l’oggetto osservato, tutto il campo visivo ad una distanza non superiore al metro, il nostro cervello può effettuare l’analisi dimensionale in una zona in cui non solo può far ricorso alla triangolazione, effettuabile con gli assi visuali, ma i risultati delle misure ottenute sono maggiormente affidabili perché sottoposti continuamente ad operazioni di verifica. Non dobbiamo dimenticare, infatti, che in tale zona non commettiamo errori nel portare le mani sugli oggetti che vogliamo prendere, proprio per la precisione con cui ne è stata rilevata la posizione e che tale elevato grado di precisione è stato raggiunto grazie ad un continuo alternarsi (sin dall’infanzia) delle operazioni di rilievo (individuazione dell’oggetto) con quelle di verifica (presa dell’oggetto). Nel caso in cui il campo visivo viene impegnato totalmente a grande distanza, le posizioni di rilievo da parte del cervello vengono effettuate ancora con triangolazioni, ma con una base troppo piccola. In sostanza la differenza tra le due prospettive ottenute dai due punti di vista diventa impercettibile, fino ad annullare l’effetto stereo. Per conoscere numericamente il valore ottimale della base di ripresa è sufficiente tener presente che:
- la minima distanza di osservazione del modello non deve essere inferiore a 25 cm. e perché ciò sia possibile il rapporto tra la base di ripresa ed il punto più prossimo dell’oggetto fotografato non deve discostarsi, come valore numerico, dal rapporto tra la distanza interpupillare e detta distanza minima di osservazione;
- la massima distanza dei punti del modello, oggetto di osservazione, non deve superare il raggio di azione del braccio, per cui il rapporto tra la base di ripresa e la distanza del punto più lontano dell’oggetto fotografato non deve discostarsi, sempre come valore numerico, dal rapporto tra la base interpupillare e la distanza massima di osservazione (portata del braccio).
Sostituendo i rispettivi valori numerici si può affermare, con la dovuta approssimazione, che la base di ripresa deve essere compresa tra 1/5 della distanza del punto più vicino, oggetto della ripresa, e 1/20 della distanza di quello più lontano e, ancora più semplicemente,1/10 della distanza media dell’insieme dei punti fotografati. ª