Tra i dati indispensabili per effettuare il "rilievo a vista" (mediante fotografia) o la restituzione prospettica, vi è la distanza di ripresa o almeno la conoscenza della dimensione reale di un oggetto presente nel campo di ripresa, altrimenti si rischia di confondere la fotografia di un edificio con quella del modello in scala e, ancora una volta, chi ha definito "grande bugiarda" la macchina fotografica potrebbe aver ragione! In realtà i limiti non sono da ricercarsi nella macchina fotografica, ma piuttosto in chi non la usa nella maniera giusta. Si è detto precedentemente che la fotografia, osservata alla giusta distanza, consente all’asse visuale di muoversi in modo da simulare la visione diretta, dunque se scattiamo due fotografie da due punti aventi una distanza reciproca uguale a quella interpupillare, e le osserviamo, separatamente ma contemporaneamente, rispettivamente con l’occhio destro e con quello sinistro, posti nei centri di proiezione, entrambi gli assi visuali si muoveranno in modo da simulare la visione binoculare diretta e il cervello non avrà alcuna difficoltà ad effettuare, mediante l’immagine fotografica, l’analisi dimensionale cui è abituato: i raggi visuali, muovendosi in sincronia, si intersecano in modo da ricostruire l’immagine tridimensionale di ciò che è stato fotografato.
L'analisi dimensionale è qualcosa che facciamo continuamente, anche in maniera inconscia. La semplice osservazione di un oggetto ci può portare ad uno studio dello stesso ed alla suddivisione in parti che rapportiamo ad altre, specie quando dobbiamo procedere alla ricostruzione.