Rilievo fotogrammetrico: si tratta del rilievo effettuato con l'ausilio di una semplice camera fotografica. Consideriamo un caso molto semplice, quale il rilievo di una facciata perfettamente piana.Dalla fig. 1 appare evidente che una semplice fotografia scattata da una fotocamera, posta con asse ottico ortogonale alla facciata, è più che sufficiente per un buon rilievo del prospetto. Consideriamo in fig. 2 la sezione determinata da un piano secante il prospetto da rilevare e passante per il centro ottico dell'obiettivo. Il segmento AB rappresentato sulla lastra è proporzionale al segmento A'B' fotografato (basta considerare la similitudine dei triangoli ABC e A'B'C'). Nella stampa della lastra, invertendosi il problema, detta proporzionalità è ancora rispettata, per cui in definitiva sussisterà una proporzionalità tra le dimensioni del segmento da rilevare e quelle della sua immagine rappresentata in fotografia: sarà sufficiente fissare detta proporzionalità per ottenere sulla fotografia un'immagine in scala dell'oggetto da rilevare (basta sistemare sulla facciata un riferimento metrico quale è una stadia e fare in modo che nella riproduzione fotografica essa sia rappresentata nella scala desiderata). Gli errori che possono essere commessi in detto rilievo sono dovuti essenzialmente alle aberrazioni ottiche dell'obiettivo ed a una imperfetta ortogonalità tra asse ottico della fotocamera e superficie da rilevare. Rispetto ad un rilievo diretto, affetto anch'esso da errori, il rilievo fotogrammetrico, oltre a presentare errori più del tipo sistematico che accidentale, ha il grande vantaggio di offrire un rilievo rapido e ricco di particolari e nel quale, in caso di errori, potranno essere alterate le dimensioni ma non le proporzioni dell'oggetto rilevato.

Rilievo stereofogrammetrico: si tratta del rilievo effettuato con l'ausilio di due camere fotografiche. Consideriamo il caso del rilievo di una superficie non piana. Indichiamo con P un punto di detta superficie e fotografiamolo con due camere con assi ottici paralleli, poste tra di loro ad una distanza "b" detta base.Esaminiamo in fig. 3 la sezione ottenuta con un piano passante per il punto P e per i centri ottici C' e C" degli obiettivi delle due fotocamere. Indichiamo con P' e P" le proiezioni del punto P rispettivamente da C' e C" sulle lastre di sinistra (S) e di destra (D). Se ora, mantenendo fisso il sistema delle fotocamere, proiettiamo i punti P' e P" da C' e C" su di uno schermo posto ad una distanza x, avremo due immagini non coincidenti. Variando la distanza x, le due immagini coincideranno solo quando la distanza Xo schermo-bicamera sarà uguale alla distanza punto-bicamera. Riducendo la base b in una certa scala, la distanza Xo varierà proporzionalmente (si può dimostrare facilmente con la similitudine dei triangoli). Ripetendo l'operazione per più punti, potremo ricostruire la sezione della superficie considerata. Su questo principio si basa la stereofotogrammetria. Le fotografie possono essere scattate sia contemporaneamente da due fotocamere poste agli estremi di una base fissa, sia da una fotocamera posta successivamente agli estremi di una base scelta a piacere. La restituzione viene effettuata da appositi apparecchi che accomunano proprietà ottico-meccaniche, chiamati autografi. In detti autografi vengono inserite le lastre impressionate durante la ripresa e i dati riguardanti la base, la scala di restituzione e gli eventuali angoli di inclinazione degli assi ottici delle fotocamere rispetto alla base. Un osservatore che esamina le lastre attraverso i due oculari dell'autografo, vede in rilievo l'immagine dell'oggetto fotografato ed un punto che può muoversi in questo campo visivo tridimensionale, grazie all'azione di tre ruotismi. Un pantografo, comandato dall'autografo, registra i movimenti del punto in un piano verticale o orizzontale. In tal modo, l'operatore, facendo muovere a suo piacere il punto sull'immagine tridimensionale dell'oggetto fotografato, può ottenere dei profili orizzontali o verticali.
  E' da tener presente, infine, che ogni obiettivo è caratterizzato dalla focale, che in pratica è rappresentata dalla distanza tra il centro ottico dell'obiettivo e la superficie sensibile della lastra.
  Dalla fig.4 appare evidente che il campo abbracciato dall'obiettivo è tanto maggiore quanto minore e la distanza focale (obiettivi grandangolari) consentendo maggiori campi di ripresa.