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CRONACA DELLA PROVINCIA SERAFICA DI S.CHIARA D'ASSISI
di P.Benvenuto Bazzocchini O.F.M.
FIRENZE - TIPOGRAFIA BARBERA
(pag.197)
VEN. FR. MARIO D' AMATRICE. († 1659)
Sulla
stessa parete laterale sinistra della cappella del Crocifisso,
nella chiesa di S.Martino di Trevi, si legge un'altra iscrizione:
D. O. M.
HIC REQUIESCIT CORPUS V. SERVI DEI MARII AB AMATRICE ORD.
MIN. STRICTIORIS OBS. S. FRANCI- QUI SICNIS ET VIRT. CLARUS IN HOC CONTU
S. MART. TREBIAE IN DNO OBDORM. MNSE NOVMBRIS A.D.I659.
Fra Mario d'Amatrice, discepolo, imitatore del
Ven. Fr. Onofrio, riposa accanto al suo venerato Maestro.
Era originario delle Marche e, giovanissimo, venne nella Provincia Serafica,
dove prese l'abito minoritico: fu addetto al
lanificio quando
vi si trovava ancora in qualità di direttore il venerando Fra Onofrio.
Questi ebbe speciale predilezione per il giovine Fra Mario, e prese a istruirlo
e a dirigerlo nella via della virtù più che nell'arte della
lana. Sotto la guida d'un tal maestro, il novello religioso fece passi da
gigante nella via della perfezione, era al tempo stesso operaio esemplare
e puntualissimo , e già vecchio e curvo sotto il peso degli anni
si vedeva alla porta del lanificio, aspettando ogni mattina i suoi compagni
di lavoro. Tra le virtù che ebbe cura d'imitare dal Ven. Fra Onofrio,
oltre l'amore e la puntualità al lavoro, fu la penitenza e l'orazione.
Fin dai primi anni della sua vita religiosa s'abituò a praticare
il digiuno nella forma più rigorosa:
panis in mensura
e anche d'acqua in scarsità; dormì sempre o sopra un letto
di tavole, o sulla nuda terra; vestì il più povero e rappezzato
abito della Provincia (uno ne indossò per oltre vent'anni); il giorno
lo passava nei più faticosi lavori, la notte in orazione e in discipline...
"La disciplina che usava Fra Mario era cruda,
aspra e terribile; e un religioso, il quale l'aveva avuta nelle mani, avendo
voluto adoperarla una sola volta, gli fece venire la febbre; eppure Fra
Mario con quella aveva l'abitudine di flagellarsi ogni giorno, specialmente
la notte" . Sappiamo inoltre che egli s'abbandonò
ad altri rigori di penitenza, che a noi possono sembrare anche eccessivi
ed esagerati, come quello di conficcarsi dei chiodi e spilli sulla viva
carne;
"e glie ne furono trovati tre dopo
la morte in parti delicate, del tutto incarnati e arrugginiti".
Tutto il giorno occupato in fatiche, dava all'orazione quasi tutto il tempo
della notte; una volta ebbe a confessare a un religioso suo amico che egli
da più anni non si era messo in letto, ma che solo appoggiava la
testa al muro e
"così un pochetto dormiva".
Nell'esercizio dell'orazione ebbe spesso rapimenti ed estasi, e fu più
volte ammonito dai superiori a moderare i suoi fervori e le penitenze; ed
egli obbedì, mostrando di possedere quella virtù, senza la
quale è impossibile alle altre sostenersi lungamente: la santa umiltà.
Come tant'altri religiosi del suo tempo, fu zelatore ed esemplare della
povertà francescana. E quantunque umile laico, non si peritava di
alzare la voce tra i suoi confratelli quando gli avvenisse di osservare
qualche abuso contro questa virtù tanto raccomandata dalla regola
e praticata specialmente dalla Riforma francescana, che ne aveva fatto il
caposaldo della sua costituzione. "
E perchè
nel convento di S. Martino erano tre campane, Fra Mario non cessava mai
di lagnarsene; e diceva e toccava con mano che il Padre S. Francesco non
permetteva nei suoi conventi che l'uso d'una sola campanella".
La virtù di Fra Mario toccava i più alti gradi; e Dio non
permise che restasse nascosta. Perlochè era un continuo accorrere
al convento di gente che si raccomandava alle sue orazioni. L'umilissimo
religioso cercava di sfuggire quanto più poteva e di nascondersi;
e diceva che si aveva una falsa opinione di lui, perchè egli era
più peccatore degli altri. Ma più volte dovette piegarsi ai
comandi dell'ubbidienza e ai doveri della carità; onde sono moltissime
le relazioni di grazie e miracoli ottenuti per le sue preghiere. Tra quelli
che ebbero gran fiducia, nelle orazioni di Fra Mario dall'Amatrice, fu l'Arcivescovo
e Cardinale, Governatore di Spoleto, Em.o Facchinetti, il quale soleva consultare
il Servo di Dio anche in affari d'importanza. La stima e la venerazione
del Cardinal Facchinetti erano tali, che egli, principe della Chiesa, arrivò
sino a prostrarsi ai piedi dell'umile laico francescano, a chiamarsi in
colpa dinanzi a lui e - malgrado le sue legittime proteste - a chiedergli
la penitenza e labenedizione.
Stando alle testimonianze della Cronologia e a vari documenti che si
conservano nell'Archivio, moltissimi erano i favori celesti ed anche i doni
straordinari concessi a questo santo religioso, come il dono delle estasi,
dei miracoli e della penetrazione dei cuori; e indubbiamente fu dotato di
spirito profetico. Varie sue profezie intorno a pubblici e privati avvenimenti
si avverarono a punto. Si trovava egli nel convento di Monteluco, quando
ebbe la rivelazione d'un grave castigo che era per piombare sulla città
di Spoleto, per i peccati dei suoi abitanti. Il buon Fra Mario si credette
in dovere di parteciparne l'avviso al Pastore della città, che era
il nominato Cardinale Facchinetti, il quale stabilì che la notte
del 14 ottobre, al suono della campana maggiore del duomo, tutti gli abitanti
della città si fossero levati in piedi, e frattanto si facessero
pubbliche e private preghiere. Con tali ordini si propalò anche il
motivo che li aveva provocati, e cioè che un tremendo terremoto minacciava
la città, onde conveniva predisporsi con preghiere e penitenze. Molti
presero quest'avviso per quello che era veramente, una grazia del cielo;
ma alcuni cominciarono a mormorare che si gettasse l'allarme in una città
tranquilla, e che l'autore di queste - come si direbbe oggi - sensazionali
rivelazioni non potesse essere se non un cervello esaltato, o un ambizioso,
ecc.ecc. Laonde, pervenuta la fama di tali cose al tribunale del Santo Uffizio,
venne dall'Inquisitore disposto che si procedesse contro i propalatori di
siffatte notizie, e il religioso Fra Mario fosse preso e incarcerato. S'oppose
energicamente a tali disposizioni il Cardinale Arcivescovo:
"Sapendo
chi era colui che aveva fatta quella predizione, disse che si attendessero
gli eventi; e intanto ordinò che tutto secondo le ordinazioni di
Fra Mario procedesse" . Tutti aspettavano con ansia e timore
la notte del 14 ottobre:
"ed ecco, poco dopo
il suono delle campane, scatenarsi sulla città di Spoleto un vento
gagliardissimo, simile a quello che urtò la casa dei figli di Giobbe;
a cui successe un terribile terremuoto, che rovesciò molte case,
malmenò molti edifici, buttando a terra anche una parte delle mura
della città, con danno e spavento di grandissimo numero di persone.
Ma il danno sarebbe stato maggiore, se molta gente, messa sull'avviso dalle
predizioni di Fra Mario, non si fosse riparata all'aperto; e se con molte
orazioni non si fosse prevenuto e attenuato il divino castigo".
La fama della santità del nostro Fra Mario fu grande in tutto il
territorio di Spoleto, ma più nella città di Trevi, dove il
buon religioso era vissuto molti anni. Mentre egli si trovava in Spoleto
per desiderio del Cardinal Facchinetti, molti di Trevi andavan mormorando
che si volesse togliere alla loro città il vanto di possedere il
corpo di Fra Mario, quando egli sarebbe morto, che non poteva essere che
il corpo di un santo.
"Darei la metà
del mio avere - diceva uno dei principali della città, il dottor
Carlo Savi - se potessi veder riposare le ossa ditanto religioso nel nostro
convento di S. Martino" . Era infatti volontà del
Signore che in questo convento, dove il Servo di Dio aveva passato la maggior
parte della sua vita santificandosi, chiudesse i suoi giorni mortali. Ricondotto
a Trevi in cattivo stato di salute, si andò spegnendo lentamente,
più che per gravezza di età o assalto di malattia, per la
debolezza causata dalle penitenze terribili, austerità e privazioni
che egli praticò sino agli estremi.... Morì - come indica
l'iscrizione posta sul suo sepolcro - nel mese di novembre 1659. Ai suoi
funerali accorse tutta la popolazione di Trevi e del territorio, e fin da
Spoleto e da Foligno. tutti lo rimpiangevano, tutti lo predicavano santo.
E infatti di lui sono registrati molti miracoli (Cronologia, pp. 523-545
, Archivio Prov., fasc. 1). .