Pier Cominciò senz' oro e senza argento
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Francesco umilmente il suo convento.
(DANTE, Parad., XXII).
Di quest'ultimo e glorioso convento così parla
il celebre storico francescano Fr. Tommaso da Celano:
" Questa è quella chiesa alla cui riparazione attese Francesco
con mirabile ardore..., questa è quella chiesa in cui egli pregò
e udì il comando a lui diretto dall'alto della croce: Va', Francesco,
ripara la mia casa, la quale, come vedi, va in rovina.. In questo refugio
solitario si chiuse la vergine Chiara per serbarsi degna del suo Sposo celeste....
e qui colomba dalle ali d'argento nidificò, come in un cavo romito,
generando a Cristo una nidiata di sacre vergini, dando così principio
all'Ordine delle Povere Dame.... In questo sacro ergastolo, chiusa essa
per quarant'anni, spezzò colle discipline l'alabastro del Suo corpo,
donde uscì quel sacro profumo, la cui fragranza si sparse in breve
per tutta la Chiesa.... ".
Evidentemente, l'importanza di questo convento
esula dai ristretti confini che può stabilirsi un modesto lavoro
di Cronaca, quale vuol essere il nostro; giacché S. Damiano è
- storicamente parlando - il primo convento dell'Ordine francescano, del
quale il suo fondatore ha, non soltanto per modo di dire, gettato le fondamenta;
è la casa, il focolare, l'officina di santità di quella gran
donna del medio evo che fu S. Chiara; ed è insieme e soprattutto
il luogo dove ebbe ispirazione ed origine la provvidenziale opera di restaurazione
morale e sociale computa da colui, che fu chiamato il Poverello d'Assisi
ed è invece uno dei più meravigliosi uomini che siano apparsi
in Italia mai, uno dei grandi santi della Chiesa. Inoltre l'importanza di
S. Damiano è accresciuta dal fatto che questo convento si conserva
in uno stato quasi primitivo e, sostanzialmente, non ha subìto alcuna
trasformazione: il pellegrino che viene a visitare Assisi guarda meravigliato
i frequenti e grandiosi monumenti che fanno di questa città una vera
acropoli serafica, e si allontana pensoso e commosso da S. Damiano, come
se avesse scoperto fra quelle antiche mura la faccia di madonna Povertà,
tanto amata da S. Francesco.
Il convento di S. Damiano si trova un cinquecento passi
al di sotto della porta orientale d'Assisi, situato verso l'estremo lembo
di quella fertile costa che pende dall'alto Subasio, in una posizione appartata
e quasi nascosta, in mezzo a campi di oliveti e di grano. La strada che
discende ripidamente dalla città era un tempo fiancheggiata d'ipogei
e di sepolcri,' come possono far fede certi avanzi di un grande mausoleo
che s'incontra a mezza via, e frammenti d' iscrizioni che si vedono in talune
pietre di S. Damiano.
Quale fosse l'origine dello storico convento non è
ancora dimostrato: se ne trova una prima menzione in un documento dell'anno
1030, che è un istrumento di manumissione stipulato nell'aprile di
quell'anno, scritto su carta pergamena e conservato nell'Archivio della
Cattedrale di Assisi, nel quale si parla di un certo Anastagio di Domenico
che affranca dalla schiavitù un tal Petruzzolo, figlio di Marziola
sua serva; e il rito si compie da Runto sacerdote e presbitero circa
sacro sancto Altare Beatum Sancto Damiani (sic) q. est in comitatu Assisi
natum etc. La pertinenza della chiesa di S. Damiano ai Vescovi d'Assisi,
almeno fino all'anno 1198, è giuridicamente comprovata da un altro
documento, che è un laudo rogato nel 1253 (dopo la morte di
S. Chiara), in cui per arbitrato del cardinale Giovanni di S. Lorenzo in
Lucina, viene stipulata la commutazione della chiesa di S. Damiano con quella
di S. Giorgio. Rimane però incerto se anteriormente al sec. XII S.
Damiano fosse un monastero, giacchè il Liber Censuum, compilato
nel 1192 da Cencio canonico di S. Maria Maggiore, che fu poi Papa Onorio
III, sembra interpolato al punto dove si parla di S. Damiano quale monastero
libero e alla Santa Sede immediatamente soggetto, col lieve canone d'una
libbra di cera; e d'altronde non si comprenderebbe in un monastero la presenza
di quel sacerdote secolare, ricordato nel documento del 1030. Con ciò
non vogliamo dire che S. Damiano non sia mai stato monastero; ma un testo
del Celano autorizza a ricercarne l'origine in più remota antichità
che non sia quella accennata dai riferiti documenti: &laqno;Tornando Francesco
verso la città di Assisi, trovò sulla via una chiesa anticamente
fabbricata in onore di S. Damiano, la quale per troppa vecchiezza ex
vetustate nimia, minacciava di cadere ». Certo non sarebbe stata
una gran vecchiezza quella di S. Damiano, se la sua costruzione doveva riportarsi
soltanto due secoli innanzi; e perciò non senza ragione si crede
che la sua origine possa risalire al VII o all' VIII secolo cristiano.
Ma la questione della primitiva origine e destinazione
del nostro Santuario si può risolvere con qualche considerazione
archeologica. Spogliato delle poche sovrapposizioni d'epoca relativamente
recente e facilmente riconoscibili, S. Damiano nella sua più antica
struttura conserva tutta la fisionomia di vecchio monastero. Non occorre,
credo, una grande competenza architettonica per comprendere che le parti
del convento immuni da trasformazioni o da sovrapposizioni, vale a dire
le più antiche, sono quelle due ali di fabbricato che si uniscono
ad angolo, l'una posta al centro dell'attuale edificio e indicata col nome
di Infermeria di S. Chiara, e l'altra che ha il suo lato maggiore
a mezzogiorno, dove si trova il Dormitorio della Santa e la chiesa.
Esaminando bene i caratteri di tali costruzioni, si resta colpiti all'aspetto
della loro veneranda antichità. Le vecchie mura, fatte di pietra
concia, hanno acquistato quel particolare colore ferrigno che testimonia
di secoli; le finestre e le porte, lunghe e strette eppur rifinite con bella
smussatura degli angoli e della fronte, la regolarità dell'insieme
e qualche altro particolare interessante stanno ad attestare che l'edificio
primitivo, sebbene privo di quei caratteri speciali che determinano con
sicurezza uno stile o un'epoca, può risalire al tempo delle costruzioni
romano-bizantine, che fiorirono in Italia tra il sec. VII e XI dell'era
cristiana. Non mancano tuttavia delle variazioni anche nei tratti più
caratteristici del fabbricato, le quali hanno significazione evidente di
adattamento e di restauro, segnatamente nella chiesa e nella sua parte sovrastante
che è il Dormitorio di S. Chiara; e allora vien fatto di pensare
alle riparazioni che all'edificio arrecò S. Francesco: ed eccoci
all'epoca più propriamente storica del convento di S. Damiano.
Dopo l'eroica vittoria riportata su se stesso nel
bacio del lebbroso, "Francesco, mutato perfettamente di cuore, s'incammina
verso la chiesa di S. Damiano, che era quasi cadente e abbandonata....,
ed essendo quivi entrato a pregare, gettasi supplichevole innanzi al Crocifisso,
e tocco dalla divina grazia si sente trasformato in altro uomo. Ora accadde
che stando egli così prostrato a pregare, l'immagine del Crocifisso
- prodigio non più udito da secoli - gli parla colle labbra della
stessa pittura, chiamandolo per nome: Va', Francesco, restaura la mia
casa, la quale, come vedi, va tutta in rovina. A questa voce Francesco
rimane stupìto e tremante; e quasi fuor di sè, si dispone
a ubbidire, riflettendo come possa eseguire quanto gli è stato comandato.
Ma dell'ineffabile cambiamento operatosi nel suo interno non vale in quel
momento a rendersi conto egli stesso, e a noi sarà bello il tacere».
Poi uscito di là, "offre sollecitamente danaro a un sacerdote
per comperare una lampada e dell'olio, affinchè la santa Immagine
non resti più un momento priva del sacro lume. E tutto pronto a eseguire
il rimanente dell'opera che gli è stata imposta, si dà con
cura infaticabile alla restaurazione di quella chiesa....".
Altri importanti e commoventi particolari intorno a questo fatto prodigioso
e al susseguente restauro di S. Damiano si leggono in tutti i biografi di
S. Francesco: come egli si recasse immediatamente a casa sua e, caricato
un cavallo di stoffe, corresse a Foligno e - vendute stoffe e cavallo -
tornasse in S. Damiano per offrire una cospicua somma al sacerdote custode;
come dopo il rifiuto del sacerdote e le peripezie coll'avaro genitore egli
non dismettesse il pensiero di riparare la povera abbandonata chiesuola.
Anzi, facendosi apostolo della restaurazione materiale di questa chiesa
prima di divenire apostolo di restaurazione della Chiesa universale, Francesco
correva per vicos et plateas, gridando ad : alta voce: "chi
mi darà una pietra avrà una ricompensa, chi mi darà
due pietre avrà due ricompense, chi mi darà tre pietre avrà
tre ricompense ". Poi, cominciato il lavoro cui prestava egli stesso
le delicate sue spalle, gridava pieno d'entusiasmo in mezzo agli operai,
e a quelli che passavano per la via dinanzi alla porta della chiesa di S.
Damiano: "venite, aiutatemi, poichè fra poco dovranno venire
ad abitare qui delle donne che col buon esempio e colla santità della
loro vita glorificheranno il nostro Padre celeste". Il fatto è
che Francesco colle sue industrie, colle sue fatiche, col suo entusiasmo,
ebbe in breve effettuato il santo proposito; e la chiesa di S. Damiano fu
- come attesta il Celano - solidamente riparata: "eam studiosius reparavit".
Circa l'entità di tali lavori di restauro, possiamo argomentare dalle
parole del medesimo Celano: "L'opera alla quale il beato Francesco
mise mano fu di riparare la casa di Dio.... non distruggendo dalle fondamenta
ma riedificando su quelle ".
Non sarà ora difficile rintracciare quale sia stata effettivamente
questa provvidenziale opera di riparazione; giacchè allo stato in
cui lo lasciò S. Francesco, e poco dopo di lui Santa Chiara, rimane
tuttavia il venerabile Santuario. Tutti gli scrittori dànno questa
lode ai Francescani di Assisi di aver saputo conservare uno dei più
insigni monumenti della loro storia; "onde questo piccolo angolo di
terra umbra - dice il Sabatier - sarà per i posteri come il pozzo
di Giacobbe, dove riposò Gesù, un luogo sacro e preferito
per i veri adoratori in spirito e verità ".
La chiesa di S. Damiano presenta la figura di un rettangolo:
è perfettamente orientata, cioè coll'abside disposto a levante
e la facciata a ponente; ed ha. una lunghezza di 25 metri e 64 centimetri,
su di una larghezza di metri 4,50. Sebbene antichissima, non è edificio
di stile, anzi il suo disegno presenta numerose anomalie: I° alla volta,
che è divisa in due sezioni di diversa altezza e differente struttura:
la parte anteriore leggermente ogivale s'inalza sull'asse del pavimento
di ben 5 metri e 84 centimetri; la parte posteriore, cioè quella
che ricopre l'abside e il coro, è affatto rotonda ma un po' irregolare
e sovrastante dal livello appena 4 metri. Il punto di congiunzione delle
due volte, sopra l'altar maggiore, forma un arco imperfetto di smisurate
proporzioni, e sembra piuttosto un tratto di costruzione preesistente che
un elemento decorativo. 2° L'asse del pavimento non è condotta
sullo stesso livello, ma s'inalza alla
linea del presbiterio riabbassandosi sensibilmente presso l'abside,
dove era posto l'antico altare. 3° La porta maggiore, che si apre sulla
facciata, non si trova sul piano dell'edificio, ma ha la soglia rilevata
di almeno 85 centimetri, di modo che fu necessario costruire una scalinata
per salire e discendere nella chiesa. Queste irregolarità evidenti,
ed altre di minor conto, si spiegano con un'ipotesi, già avanzata
dal Cristofani, e accettata dagli studiosi: la chiesa di S. Damiano presenta
diversità di costruzione e quindi di epoca; la parte anteriore non
è che il prolungamento di un edificio preesistente, forse un'edicola
costruita qualche secolo innanzi.
Posto ciò, noi potremo venire in chiaro circa l'opera di S. Francesco
in S. Damiano. Quello che a noi preme di dimostrare si è che quest'opera
sia stata importante, e molto più di quanto generalmente si creda.
Il fervente ricostruttore di chiese trovò il primitivo edificio quasi
cadente e pensò di restaurarlo.
Ma non soltanto alla chiesa fu rivolta l'opera sua.
Noi siamo persuasi che S. Damiano non fosse una chiesa solitaria, ma facesse
parte di un antico monastero abbandonato, e che all'uno e all'altra fossero
rivolte le cure di Francesco: "Venite, aiutatemi, diceva egli, in quest'opera
di riparazione, perchè qui dovranno venire ad abitare delle donne
che glorificheranno Dio, ecc. ecc." Sono quasi identiche le parole
del Celano e dei Tre Compagni. Nel suo spirito preveggente
e profetico, S. Francesco aveva intravisto quale sarebbe stato il compito
di S. Damiano; ed egli volle preparare una chiesa e un convento per le sue
figlie e i figli futuri. A fianco dell'antica chiesetta, esisteva - come
abbiam visto - un tratto notabile di edificio, quello indicato posteriormente
col nome di Infermeria di S. Chiara: da questo lato non occorrevano
forse lavori importanti, giacchè il fabbricato doveva trovarsi in
condizioni soddisfacenti, come possono testimoniare le mura tuttora salde
e massiccie e le numerose finestrine, che si mantengono in uno stato primitivo
e accusano un'epoca certamente anteriore al sec. XIII. Maggiori cure e fatiche
avrà domandato la chiesa e il suo adattamento - nella parte sovrastante
- a dormitorio. S. Francesco non ricostruì la chiesa dalle fondamenta
ma la restaurò, edificandovi sopra. A renderci ragione di questa
restaurazione, la quale non fu altro che un adattamento, ci dànno
lume le stesse anomalie della chiesa. La diversità delle volte e
l'irregolarità del pavimento spiegano la diversa epoca di costruzione.
Certamente la parte più antica della chiesa non è la parte
anteriore, dove la volta s'inalza a forma quasi archiacuta, ma quella più
arretrata, dalla volta umile e tondeggiante, dove si trova la vetusta absidiola,
dove sono i segni dell'antico altare, dove si scorge l'apertura da cui pendeva
il miracoloso Crocifisso. Fu qui che Francesco pregò, meditò
e udì il mandato della sua alta missione. Il limite del venerabile
Santuario è tra l'abside e il presbiterio. Il grande arco sopra l'altar
maggiore, al punto di congiunzione delle due volte, non è altro che
un avanzo dell'antica facciata di quest'umile chiesuola.
Quivi, nel punto centrale, sorgeva un piccolo campanile
del quale parla con sicurezza una vecchia
cronaca del convento, come esistente sino alimeno al secolo XVII; quivi
si apriva quella finestruola che si vede ostruita nella parete interna dell'Oratorio,
e quivi si trovava probabilmente quel finestroncino sferico di arcaica costruzione
che sta ad ornamento dell'attuale facciata.
A compiere la ricostruzione bisogna aggiungere un
nartex, pronao o porticato, che era una parte accessoria, ma assai comune
nelle chiese dei primi secoli cristiani, e formava - come si sa - un'appendice
o un ornamento delle facciate dei sacri edifici. Dal rimaneggiamento di
questo pronao o porticato, che
sorgeva indubbiamente sul dinanzi di S. Damiano è uscita la navata
anteriore, il prolungamento e la struttura alquanto disarmonica della chiesa
attuale. Noi pensiamo che questa possa essere stata l'opera di S. Francesco,
e non questa sola.
Dopo aver restaurato ed aggrandito la chiesa, utilizzando
gli avanzi del diruto porticato, vi edificò sopra: non de novo facere
tentat.... sed super illud aedificat; e sorse così quel bel camerone
sopra la chiesa, che si conserva ancora in S. Damiano ed è il Dormitorio
di S. Chiara. Non si hanno dati certi per stabilire in qual misura si estendessero
a questa e ad altre parti del convento e della chiesa le cure di Francesco
nella prima fase della sua conversione: è probabile che il restauro
non fosse compiuto integralmente se non al tempo in cui egli, già
potente di fama e di mezzi, ideò di trasportarvi dal monastero di
S. Angelo in Panso la sua discepola Chiara. Si può credere anzi -
sebbene ne tacciano gli storici - che egli fosse assistito nella grave bisogna
dal suo grande amico e protettore Guido, vescovo di Assisi, dal quale ebbe
sicuramente in dono il monastero. S.
Chiara venne ad abitare in S. Damiano l'anno 1212, e quivi morì nel
1253.
Se noi ora volessimo cercare abbellimenti per queste pagine, non avremmo
che a consultare le numerose biografie della Santa, scegliendo fior da fiore
i tratti più notevoli della sua storia o taluno dei più gentili
ed edificanti episodi della sua vita religiosa, che sbocciò tutta
e si chiuse in S. Damiano, con profumi di olocausto. Certo che il tema ci
attrae; ma noi non dobbiamo dimenticare il nostro umile compito. Non possiamo
tuttavia non registrare l'elogio uscito dalla splendida penna del Celano:
"Chiara nativa di Assisi, pietra preziosa e fondamento di tutte le
altre ad essa sovrapposte.... Imperocchè l'inclita donna, attratta
a Dio dalle esortazioni dell'uomo santo (S. Francesco) fu a moltissime d'incitamento
e d'esempio a seguire la stessa sua via. Nobile di famiglia, più
nobile di animo, vergine di carne, castissima della mente, giovinetta di
età e di prudenza canuta, costante nel proposito e nel divino amore
ardentissima.... Chiara di nome, chiarissima di costumi.... Essa fu la pietra
angolare, sopra la quale sorse il mirabile edifizio, la cui lode non si
può dire degnamente da lingua umana, perchè fu l'opera li
Dio".
Tra gli episodi più importanti della vita di
S. Chiara in S. Damiano, è la liberazione del suo convento e della
sua città dagli assalti dei Saraceni. Del fatto, già conosciuto,
perchè narrato da tutti gli storici di S. Chiara e particolarmente
dal Celano, ha dato una nuova versione il chiar. P. Golubovich, in base
a un documento della Biblioteca del sacro convento di Assisi; del quale
diamo, in parte, la traduzione: Tra i molti e crudeli tiranni che al tempo
di Federico (II) opprimevano l'Italia e la Chiesa, fu Vitale d'Aversa, nelle
Puglie, cristiano di nome non di opere; il quale lanciato dall'Imperatore
con una banda di Saraceni e di Blachi (Rumeni o Valacchi) nella Valle Spoletana,
depredando ed uccidendo, pervenne ad Assisi e si accostò alle mura
della città.... e di là intimò colla voce dell'araldo
che tutti facessero atto di sottomissione all'Imperatore. Ma i cittadini
resistettero; onde Vitale infuriato cominciò a saccheggiare i dintorni,
e i suoi soldati, - Saraceni e Comani (Moldavi) - appiccavano il fuoco alle
chiese e alle case. Ed ecco che si avvicinarono al monastero di S. Damiano,
ove dimorava la santa vergine Chiara con le sue figlie. I Saraceni si gettarono
come lupi rapaci sulle pecore di Cristo; e circondato il monastero, appoggiarono
le scale per salirvi... Allora le vergini piangenti corsero a Chiara, la
quale giaceva nel suo letto, stremata dalle malattie e dalle penitenze.
La santa Madre rincuorò le sue figlie dicendo: Non vogliate temere,
carissime figliuole, perchè Gesù, cui siete consacrate, vi
libererà da questi cani Saraceni; andate presto, e portatemi la cassettina
dove si conserva il Corpo di Cristo. E avendo esse portato con riverenza
la cassettina, Chiara, prostrata sulla sua faccia, cominciò a pregare
con lagrime: Signor mio Gesù Cristo, vorresti abbandonare queste
tue Serve che attorno a me raccolsi in tuo servizio, vorresti abbandonarle
nelle mani dei pagani? Ti prego, o Signore, di difendere queste figlie che
io in tanto pericolo non posso custodire.... E subito fu udita come una
voce di fanciullo, proveniente dalla sacra scatolina: "Io sempre vi
custodirò: Ego vos semper custodiam..." E la santa vergine
Chiara di nuovo pregò, dicendo: dolcissimo Signor mio, ti piaccia,
nella tua bontà, di custodire e proteggere questa città, i
cui abitanti ci dànno sostentamento per tuo amore. E di nuovo si
fece sentire la voce: "Questa città dovrà sostenere dure
lotte, ma col mio aiuto sarà salva... Mentre Chiara parlava con Gesù,
si sparse intorno un soavissimo odore; e ciò hanno a noi riferito
le suore che si trovavano presenti.... Non aveva ancora finito di pregare
la santa vergine Chiara, che subito restò abbattuta l'audacia di
quei cani Saraceni e degli altri loro compagni; i quali, precipitando dalle
mura su cui erano saliti, per virtù delle preghiere della Santa andarono
dispersi ".
L'altro fatto, narrato dal documento, si riferisce al secondo assedio di
Assisi, tentato dallo stesso Vitale, dal quale fu un'altra volta liberata
la città per le preghiere di Chiara. Il primo assedio è indicato
dal Golubovich verso il febbraio del 1240, e il secondo nel mese di giugno
dell'anno seguente: con questi avvenimenti ha relazione il pellegrinaggio
votivo che dalla città di Assisi, il 22 giugno, si compie ogni anno
a S. Damiano.
La morte di S. Chiara avvenne l'11 agosto dell'anno 1253, consolata dalla
benedizione del Sommo Pontefice Innocenzo IV (il quale poco innanzi aveva
recato colle sue mani alla santa Abbadessa la Bolla di approvazione della
sua Regola), e rallegrata da una radiosa apparizione della Santissima Vergine
Maria, seguìta da uno stuolo di altre Vergini, le quali portarono
alla loro compagna l'invito dello Sposo celeste: Veni Sponsa Christi,
accipe coronam etc.... I funerali riuscirono imponenti, e vi prese parte
il Pontefice in persona, venuto da Perugia colla sua corte. Il cadavere
fu trasportato nella chiesa di S. Giorgio, dove prima era stato depositato
il corpo di S. Francesco. L'anno 1255 ebbe luogo la canonizzazione di S.
Chiara in Anagni, e cinque anni appresso era compiuto in Assisi il gran
tempio a lei consacrato.