LA RIFORMA DELL'ISTRUZIONE SUPERIORE
IN ITALIA
(1996 - 1999)

(a cura del Sottosegretario di Stato prof. Luciano Guerzoni)

 

  1. La nuova architettura del sistema
  2. L'innovazione del settore universitario
  3. La riforma dei corsi di studio universitari: l'autonomia didattica degli atenei

 

Premessa

Con l'avvento del governo di centro-sinistra (1996) si apre in Italia un'intensa stagione di riforma complessiva del sistema pubblico di istruzione e formazione. Per l'istruzione superiore o terziaria, in particolare, si pone mano al superamento dell'anomalia rappresentata dall'unicità dello sbocco universitario, quale sola possibilità di istruzione superiore. Anomalia aggravata, nei fatti, dall'offerta pressoché esclusiva di corsi di studio universitari particolarmente lunghi e impegnativi - di durata legale dai quattro ai sei anni, ma di durata effettiva mediamente superiore ai sette - per il conseguimento del solo diploma di laurea (DL). I corsi di studio universitari biennali o triennali, più immediatamente professionalizzanti - introdotti agli inizi degli anni '90 - per il conseguimento del diploma universitario (DU), hanno infatti avuto, nell'insieme del sistema universitario, un'incidenza quantitativa assai limitata (intorno al 6 per cento sul totale degli studenti iscritti all'università per l'anno accademico 1998-99)(1). Eppure, l'esperienza dei DU - soprattutto per i corsi realizzati secondo i criteri e le metodologie del progetto Campus - ha rappresentato un significativo fattore di innovazione dell'offerta di istruzione universitaria.

1. LA NUOVA ARCHITETTURA DEL SISTEMA

La riforma dell'istruzione superiore, realizzata con provvedimenti legislativi già in vigore o tuttora in corso di approvazione, prevede un sistema articolato in tre settori o comparti istituzionalmente e funzionalmente distinti:

A < istruzione universitaria (università e istituti di istruzione universitaria)

B < alta formazione artistica e musicale

(accademie d'arte, conservatori musicali, ecc.)

C < formazione tecnica superiore integrata (FIS)

(IFTS: rete di istituti di formazione tecnico-professionale superiore, con corsi di durata massima di quattro semestri, attivati su scala regionale con la partecipazione di una pluralità di soggetti istituzionali e sociali e caratterizzati da una stretta correlazione tra formazione e lavoro)

La distinzione tra i tre settori o comparti si fonda sia sulla diversità dei soggetti istituzionali ad essi preposti, sia sulla specificità degli obiettivi formativi, delle metodologie, dei contenuti e della durata dei rispettivi percorsi di studio e di formazione.

L'adozione generalizzata dei crediti formativi consentirà agli studenti di passare dall'uno all'altro settore con il riconoscimento dei livelli di istruzione e di formazione acquisiti. Per il comparto B è prevista la possibilità - caso per caso e limitatamente all'accesso ai concorsi per le pubbliche amministrazioni - di riconoscimento dell'equipollenza dei titoli di studio ivi conseguiti con titoli di studio del comparto A. Nei percorsi di studio di tutti e tre i comparti saranno ricompresi i tirocini formativi o stages esterni, di durata rispettivamente fino a sei mesi (comparto C) o fino a dodici mesi (comparti A e B).

In considerazione del ruolo di gran lunga prevalente storicamente proprio, nel contesto italiano, dell'istruzione universitaria, nonché del diverso stato di avanzamento della riforma per i comparti B (il cui provvedimento legislativo è tuttora soggetto all'approvazione finale del Parlamento) e C (disciplinato da una legge recentissima - la legge 17 maggio 1999, n.144 - e attivato sperimentalmente solo con l'anno 1999), l'odierna presentazione della riforma del sistema italiano di istruzione superiore è limitata al settore universitario.

 

2. L'INNOVAZIONE DEL SETTORE UNIVERSITARIO

Negli anni 1996-99 si è attivato, mediante una pluralità di provvedimenti legislativi e amministrativi, un consistente e generalizzato processo di innovazione del sistema universitario italiano.

Sono stati criteri ispiratori e, al tempo stesso, obiettivi degli interventi posti in essere:

  1. la realizzazione dell'autonomia delle università, sancita dalla Costituzione della Repubblica del 1948(2) e solo parzialmente attuata, mediante apposite leggi, tra la fine degli anni '80 e i primissimi anni '90, con il riconoscimento agli atenei dell'autonomia statutaria e regolamentare (legge 9 maggio 1989, n. 168) e dell'autonomia finanziaria o budgetaria (legge 24 dicembre 1993, n. 537);
  2. la delegificazione di larga parte dell'ordinamento universitario e la semplificazione delle procedure burocratiche;
  3. la qualificazione complessiva del sistema della ricerca e dell'istruzione universitaria e delle relative strutture e servizi.

Le principali misure dell'azione riformatrice hanno riguardato:

l'accesso e l'orientamento agli studi universitari

Nuova disciplina dell'accesso ai corsi universitari, consistente in:

  • istituzione della preiscrizione alle università - entro il 30 novembre dell'ultimo anno di scuola secondaria - quale strumento per l'adeguamento dell'offerta formativa degli atenei e per la realizzazione di forme di orientamento personalizzato alla scelta del corso di studi;
  • azioni programmate, in collaborazione tra scuole e università, nel corso dell'ultimo biennio dell'istruzione secondaria, per l'orientamento alla scelta degli studi di istruzione superiore;
  • delimitazione normativa, su scala nazionale, delle tipologie di corsi universitari a numero programmato e dei relativi parametri e criteri per gli atenei.

le politiche per il diritto allo studio

Rideterminazione della disciplina del diritto agli studi universitari e nuovi interventi per assicurare progressivamente pari opportunità a tutti i cittadini per l'accesso all'istruzione universitaria, superando le barriere di carattere economico e sociale, mediante:

  • previsione di criteri nazionali uniformi per la valutazione delle condizioni economiche, personali e familiari, dello studente (c.d. redditometro universitario) ai fini sia dell'assegnazione delle provvidenze (borse di studio, esonero da tasse e contributi, servizi di alloggio e mensa, ecc.), sia della graduazione della contribuzione (tasse e contributi) a carico degli studenti per l'iscrizione all'università e la frequenza dei corsi di studio;
  • istituzione, sul bilancio statale, di un fondo nazionale per le borse di studio, ad integrazione dei budget regionali, con l'obiettivo di giungere ad erogare la borsa di studio - nell'anno 2000 - a tutti gli studenti che ne avranno titolo per condizioni economiche e di merito (circa 120 mila borse di studio);
  • disegno di legge apposito per un programma pluriennale inteso alla realizzazione di nuove residenze e alloggi universitari su tutto il territorio nazionale.

la programmazione dello sviluppo del sistema universitario

Avvenuta ridefinizione degli obiettivi, delle azioni e delle procedure per la programmazione dello sviluppo del sistema universitario, sulla base dei seguenti criteri:

  • qualificazione delle strutture e dei servizi dell'istruzione universitaria;
  • innovazione qualitativa della didattica e della ricerca;
  • riequilibrio della rete di istruzione universitaria tra centro-nord e sud;
  • internazionalizzazione del sistema (misure di sostegno alla cooperazione interuniversitaria e alla mobilità - soprattutto europea - degli studenti, dei professori e dei ricercatori; promozione dell'accesso ai programmi europei di mobilità e di libera circolazione; definizione di appositi accordi intergovernativi di cooperazione).

 

il decongestionamento degli atenei sovraffollati

Riforma legislativa (legge n. 662/1996) delle procedure e delle azioni per il decongestionamento delle università sovraffollate:

  • determinazione normativa dell'area degli atenei sovraffollati;
  • stipula di appositi accordi di programma tra Ministero e singole università per l'attuazione, nei tempi concordati, degli specifici progetti di decongestionamento e delle relative azioni;
  • istituzione della 2ª università statale di Milano (decongestionamento dell'ateneo statale di Milano) e dell'università di Foggia (decongestionamento dell'università di Bari);
  • articolazione, sulla base del modello di ateneo a rete di sedi, delle università di Bologna, Napoli "Federico II", Roma "La Sapienza" e Torino.

l'adeguamento dei servizi e delle strutture: l'edilizia universitaria

Fissazione di nuove procedure ed interventi per la qualificazione e l'adeguamento delle strutture edilizie e dei servizi della rete universitaria:

  • determinazione di nuovi parametri per il riparto tra gli atenei delle risorse statali per gli interventi di edilizia ordinaria;
  • ricorso alla procedura degli accordi di programma tra Ministero e singole università per il finanziamento di specifici progetti di sviluppo edilizio, in regime di co-finanziamento tra contributi statali (fino al massimo del cinquanta per cento della spesa) e risorse proprie degli atenei;
  • attivazione di interventi edilizi, nel triennio 1997-1999, per oltre duemila miliardi di lire (oltre un miliardo di euro) tra finanziamenti statali ed europei e risorse proprie degli atenei (per il triennio 2000-2002 si conta di poter disporre di un volume di finanziamenti significativamente superiore).

la valutazione: organi, metodologie e obiettivi

Impulso alle attività e alle pratiche di auto-valutazione e di valutazione esterna delle università e del sistema universitario, mediante:

  • sostegno alla costituzione e al funzionamento dei nuclei di valutazione interna degli atenei (auto-valutazione);
  • ampliamento delle competenze e del ruolo dell'Osservatorio per la valutazione del sistema universitario, in direzione delle funzioni sia di valutazione esterna delle università, sia di supporto valutativo tecnico per gli indirizzi ministeriali di programmazione della politica universitaria;
  • disegno di legge, all'esame del Parlamento, per la realizzazione di un compiuto sistema nazionale e locale di valutazione permanente con riferimento a tutti gli aspetti dell'istruzione e della ricerca universitaria, nonché dell'efficienza gestionale e amministrativa.

il sistema informativo e statistico

Costituzione del sistema informativo e statistico del Ministero dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica, mediante:

  • messa in rete di tutte le basi informative esistenti e realizzazione di nuove banche dati in conformità alle procedure di programmazione e alle metodologie attuative definite dall'Autorità per l'informatizzazione della pubblica amministrazione (AIPA);
  • attivazione del sito web del Ministero su Internet per l'informazione in tempo reale riguardo a tutti gli atti e provvedimenti concernenti il settore universitario;
  • potenziamento della rete informatica della ricerca e delle università (GARR-B).

la formazione dei ricercatori

Profondamente riformato l'intero settore della formazione post-lauream e dell'avviamento dei giovani studiosi alla ricerca, mediante:

  • nuova disciplina del dottorato di ricerca, che ne ridetermina gli obiettivi e ne trasferisce integralmente la gestione alle università, nel quadro di "criteri generali" di indirizzo fissati nazionalmente (legge n. 210/1998);
  • aumento di circa il cinquanta per cento dell'importo delle borse di studio per la frequenza dei corsi di dottorato (ammontare della borsa annuale, dal 2000: lire 20.450.000 pari ad euro 10.561);
  • istituzione degli assegni di ricerca per giovani studiosi (legge n. 449/1997), in regime di co-finanziamento fra risorse statali e risorse degli atenei, di durata quadriennale, rinnovabile fino ad un massimo di altri quattro anni, per un importo annuo oscillante fra venticinque-trenta milioni di lire (pari ad euro 13.000-15.500)
  • ampliamento dell'ambito di applicazione delle norme sui contratti di ricerca e sull'incentivazione economica dei professori e dei ricercatori per attività di ricerca.

 

la formazione specialistica

Definizione e attivazione di nuovi ordinamenti per la formazione specialistica di determinate professionalità, mediante:

  • attivazione (1998-99) del corso di laurea quadriennale per la formazione degli insegnanti del ciclo primario;
  • attivazione (1999-2000) della scuola di specializzazione biennale post-lauream per la formazione degli insegnanti del ciclo secondario;
  • istituzione e attivazione (2000-2001) della scuola di specializzazione biennale post-lauream per le professioni forensi (magistrati, avvocati, notai);
  • riforma dei corsi e delle scuole per la formazione specialistica dei medici (schema di decreto legislativo di attuazione della direttiva 93/16/CEE, all'esame del Parlamento).

il reclutamento dei professori e ricercatori universitari

Interamente riformata (legge n. 210/1998) la disciplina delle procedure per il reclutamento dei professori e ricercatori universitari e definite nuove modalità di acquisizione di risorse docenti per la didattica, mediante:

  • trasferimento alle università del potere di bandire i concorsi e di gestire le relative procedure di valutazione comparativa dei candidati, mediante commissioni elette per quattro quinti dalla comunità scientifica e integrate da un membro designato dall'ateneo che ha bandito il concorso;
  • trasformazione, con provvedimento legislativo all'esame del Parlamento, del ruolo dei ricercatori universitari confermati nella terza fascia della docenza universitaria, con la denominazione di professori ricercatori, che si affiancano ai professori ordinari (I fascia) e ai professori associati (II fascia);
  • nuova disciplina per l'attribuzione di contratti di insegnamento ad esperti e studiosi esterni al mondo accademico e per l'inquadramento nel ruolo dei professori universitari di studiosi italiani e stranieri che rivestano posizioni analoghe in istituzioni universitarie estere e in enti di ricerca internazionali.

la ricerca universitaria

Integralmente innovato, dopo anni di abbandono, il settore della ricerca universitaria, di base e finalizzata, mediante:

  • nuove procedure di valutazione e selezione dei progetti di ricerca di rilevante interesse nazionale, interamente informatizzate e affidate ad un'apposita Commissione di garanzia di nomina ministeriale, con il diretto coinvolgimento della comunità scientifica nazionale e internazionale (referees anonimi e criteri oggettivi di comparazione e finanziamento);
  • progressivo incremento del finanziamento statale della ricerca universitaria, in regime di co-finanziamento con le risorse destinate alla stessa dagli atenei.

il riordino degli enti pubblici di ricerca

È in corso di ultimazione il complessivo riordino dell'intero comparto degli enti pubblici di ricerca, nonché delle procedure e degli organi per la programmazione e la valutazione della ricerca scientifica e tecnologica su scala nazionale e decentrata.

le istituzioni della rappresentanza

È stato innovato e rafforzato il sistema della rappresentanza nazionale delle istituzioni universitarie e delle componenti del mondo accademico, individuando anche - in coerenza con la metodologia della concertazione - nuove modalità di relazioni e di confronto con le rappresentanze istituzionali e sociali esterne al mondo universitario:

  • ridefinizione legislativa (legge n. 127/1997) del ruolo, della composizione e delle funzioni del Consiglio universitario nazionale (CUN);
  • istituzione (legge n. 59/1997) del Consiglio nazionale degli studenti universitari (CNSU);
  • riforma dei Comitati regionali di coordinamento universitario (legge n. 59/1997 e Dpr n. 25/1998) per la programmazione territoriale dello sviluppo universitario e dell'offerta formativa delle università;
  • istituzione di un tavolo permanente di confronto (c.d. tavolo quadrangolare) tra il Ministero e le rappresentanze delle parti sociali, della Conferenza dei rettori delle università italiane (CRUI) e delle associazioni studentesche per la concertazione degli indirizzi nazionali della politica universitaria;
  • confronto costante con la Conferenza dei rettori delle università italiane (CRUI) sulle questioni attinenti la politica universitaria.

la riforma del ministero

È in corso di approvazione la riforma del Ministero dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica, che ne ridefinisce le funzioni e l'organizzazione nel nuovo scenario dell'autonomia delle università e degli enti di ricerca.

 

3. LA RIFORMA DEI CORSI DI STUDIO UNIVERSITARI:
L'AUTONOMIA DIDATTICA DEGLI ATENEI

 

Premessa

 

La riforma dei corsi di studio universitari rappresenta l'aspetto più rilevante dell'ampio processo di innovazione del sistema universitario italiano intrapreso nell'ultimo triennio dai Governi di centro-sinistra. Essa appare decisiva sotto il triplice profilo del completamento dell'autonomia delle università, dell'innovazione dell'istruzione universitaria e della convergenza del sistema italiano verso lo spazio europeo dell'istruzione superiore, che l'Italia vuole concorrere a realizzare nell'immediato futuro.

 

 

La situazione esistente

L'attuale disciplina dei corsi di studio universitari, definita con la legge n. 341/1990, prevede un regime dei titoli di studio e un'impostazione dei relativi corsi formalmente uniforme su tutto il territorio nazionale. Il curriculum di ciascun corso è stabilito da un ordinamento didattico (c.d. "tabella"), vincolante per tutte le università, che viene definito dal Consiglio universitario nazionale (CUN) e approvato con apposito decreto del Ministro. Sussiste pertanto un ridottissimo margine di autonomia sia per le università, sia per gli studenti nel fissare i piani di studio, tanto delle facoltà quanto individuali (c.d. piani di studio di facoltà e piani di studio individuali).

L'architettura generale dei corsi di studio e dei relativi titoli è altrettanto rigidamente fissata per l'intero sistema e prevede:

  1. corsi di diploma universitario (DU) di durata non inferiore ai due anni e non superiore ai tre, di impianto generalmente professionalizzante - essendo dalla legge espressamente finalizzati al conseguimento del livello formativo richiesto da "specifiche aree professionali" - collocati, di norma, in parallelo rispetto ai corsi di laurea;
  2. corsi di laurea (DL) di durata non inferiore ai quattro anni e non superiore ai sei;
  3. corsi di specializzazione (DS), successivi alla laurea, di durata non inferiore ai due anni;
  4. corsi di dottorato di ricerca, successivi alla laurea - od anche alla specializzazione - di durata almeno triennale.

 

Disfunzioni e anomalie del sistema

La necessità di riformare radicalmente l'attuale sistema emerge dalle disfunzioni e dalle anomalie che di fatto si sono prodotte, anche se dovute ad una molteplicità di cause, non tutte e non soltanto riconducibili alla struttura degli ordinamenti didattici vigenti e alla correlata architettura dei corsi di studio.

Tra le disfunzioni più gravi ed evidenti:

  • la rigidità degli ordinamenti didattici nazionali e la macchinosità delle procedure per la loro modifica od aggiornamento, che, volendo assicurare un'uniformità - peraltro soltanto formale - dei curricula: a) rende impossibile un'efficace e tempestiva articolazione dell'offerta di istruzione universitaria con riferimento sia all'evoluzione dei saperi e del mercato del lavoro, sia agli specifici obiettivi di ricerca e di didattica dei singoli atenei nelle diverse realtà territoriali e socio-culturali; b) deresponsabilizza gli organismi didattici delle università, i docenti e gli stessi studenti, impedendone la necessaria autonomia di scelte nella definizione degli obiettivi formativi, dei contenuti e delle metodologie dei corsi di studio;
  • la mole eccessiva e non regolata del lavoro di apprendimento concretamente posto a carico dello studente, spesso dovuta a logiche accademiche di mere addizioni disciplinari non correlate all'obiettivo formativo, con la conseguenza del progressivo allungamento della durata reale dei corsi di studio (è superiore ai sette anni il tempo medio per il conseguimento della laurea) e del vistoso incremento del fenomeno dei laureati e degli studenti fuori corso (si laurea nel tempo previsto dalla durata legale dei corsi di studio soltanto il 15 per cento degli studenti, mentre gli studenti fuori corso rappresentano il 39 per cento sul totale degli iscritti);
  • l'unicità del corso di laurea quale percorso universitario pressoché esclusivo (vista la scarsa incidenza quantitativa dei corsi di diploma universitario): un percorso, per di più, generalmente lungo e impegnativo, con la conseguenza dell'altissimo tasso di abbandono degli studi, pari al 60 per cento degli immatricolati, il 25 per cento dei quali al termine del primo anno dei corsi;
  • la complessiva sfasatura: a) tra l'esigenza sociale e culturale di un più alto e più diffuso livello di istruzione superiore e il basso numero di giovani che conseguono un titolo di studio universitario (i laureati rappresentano mediamente soltanto il 14 per cento delle corrispondenti classi di età); b) tra la formazione universitaria e le richieste del sistema produttivo e sociale, di cui sono indici sia l'alto tasso di laureati disoccupati (il 23 per cento sul totale dei laureati), sia l'età media dei laureati (26 anni), senz'altro non confacente all'imprescindibile esigenza di innovazione dei processi socio-culturali e produttivi; c) tra il sistema italiano di istruzione universitaria e le dinamiche prevalenti a livello europeo, con particolare riferimento alle direttive comunitarie in materia di libera circolazione dei titoli di istruzione superiore e delle professionalità ad essi correlate (la direttiva n. 89/48/CEE fissa, com'è noto, la soglia di libera circolazione a livello di un titolo di istruzione superiore di durata almeno triennale).

 

Gli obiettivi della riforma

In relazione alla situazione esistente e alle sue ricordate anomalie, sono obiettivi essenziali della riforma:

  • l'autonomia didattica delle università (da cui la denominazione stessa della riforma), quale completamento del disegno autonomistico, dopo l'avvenuto riconoscimento agli atenei dell'autonomia statutaria, regolamentare, organizzativa, finanziaria e contabile;
  • l'ampliamento, la diversificazione e la flessibilizzazione dell'offerta di istruzione universitaria;
  • la qualificazione dei corsi di studio e il miglioramento della didattica, anche mediante la competizione tra gli atenei e la previsione di un efficiente sistema nazionale di valutazione e di incentivazione qualitativa delle strutture didattiche;
  • la leggibilità e la trasparenza dei percorsi di istruzione universitaria, così da facilitarne la comprensione per gli studenti e la consapevolezza delle loro scelte;
  • la riduzione dei tempi effettivamente necessari per il conseguimento dei titoli di studio, mediante l'adozione di misure che facciano coincidere la durata reale con la durata legale dei corsi;
  • un'efficace correlazione degli obiettivi formativi dei corsi e della connessa articolazione dei cicli degli studi universitari con la struttura dei saperi, delle competenze e delle professionalità richieste dal sistema socio-culturale e produttivo, nonché con le linee evolutive e le nuove opportunità del mercato del lavoro (società dell'informazione, "lavoratori della conoscenza", ecc.);
  • la definizione di criteri, regole e procedure che diano alle università - e, quindi, al sistema nel suo insieme - la possibilità di adeguare costantemente, senza barriere burocratiche, l'impostazione dei corsi di studio all'evoluzione della domanda sociale di formazione e ai mutamenti del sistema produttivo e del mercato del lavoro, conformandola altresì alle specifiche linee di ricerca e di didattica perseguite nel tempo dai singoli atenei;
  • la convergenza dell'architettura del sistema italiano di istruzione universitaria con l'obiettivo della costruzione, entro il primo decennio del 2000, di uno spazio europeo dell'istruzione superiore, articolato essenzialmente su due cicli o livelli principali di studio e finalizzato a realizzare la mobilità degli studenti, dei professori e dei ricercatori e la libera circolazione dei titoli di studio e delle professionalità, accrescendo nel contempo la comune capacità di affrontare positivamente la competizione internazionale dei sistemi educativi.

 

Azioni e misure attuative

Con riferimento agli indicati obiettivi e al percorso della riforma già legislativamente definito (leggi n. 127/1997 e n. 4/1999), sono azioni e misure qualificanti della riforma stessa:

  • l'elaborazione e l'emanazione dei decreti ministeriali contenenti i "criteri generali", sulla cui base le università potranno procedere alla definizione dei nuovi curricula;
  • la previsione, tra i predetti "criteri generali", delle seguenti misure:

  1. il trasferimento alle università del potere e della responsabilità di fissare gli obiettivi e i contenuti dei curricula, nel rispetto delle caratteristiche minime comuni, definite nazionalmente, per le diverse tipologie di corsi;
  2. l'articolazione dei corsi di studio su due cicli principali e successivi, di cui il primo - di durata triennale - per il conseguimento della laurea, e il secondo - di durata biennale - per il conseguimento della laurea specialistica, cui si accede dopo il conseguimento della laurea;
  3. l'introduzione generalizzata del sistema dei crediti formativi, come strumento sia per misurare la quantità di lavoro effettivo di apprendimento richiesto allo studente in ciascun corso di studio, sia per assicurare la mobilità degli studenti fra i diversi percorsi formativi all'interno dell'ateneo e dell'intero sistema universitario italiano ed europeo;
  4. l'inclusione di tirocini formativi o stages esterni alle università, fino alla durata massima di dodici mesi, come parte integrante dei corsi di studio;
  5. l'obbligatorietà del confronto con gli studenti, segnatamente per la determinazione dei crediti formativi, e con le istanze del territorio rappresentative del sistema sociale, produttivo e professionale in ordine alla definizione dei curricula;
  6. la realizzazione di appositi percorsi formativi, di durata annuale, successivi al conseguimento del titolo di primo livello (laurea) o di secondo livello (laurea specialistica), per il perfezionamento scientifico e per l'alta formazione permanente e ricorrente (master universitario).

 

Vincoli e risultati attesi

La riforma deve misurarsi con alcune peculiarità specifiche della situazione italiana, tra cui:

  • la rigidità dello stato giuridico nazionale dei professori e ricercatori universitari;
  • la libertà di accesso all'istruzione universitaria con il solo diploma di scuola secondaria, a prescindere dall'indirizzo di studi secondari seguito e dalla conseguente caratterizzazione specifica del diploma conseguito;
  • l'elevato numero di studenti per docente, soprattutto in alcune aree didattico-culturali e negli atenei sovraffollati;
  • la persistente insufficienza delle attrezzature didattiche (aule, biblioteche, laboratori, spazi per lo studio, ecc.), soprattutto negli atenei sovraffollati;
  • la permanenza, ancorché fortemente attenuata rispetto al passato, del valore legale del titolo di studio, con riferimento in particolare all'accesso alle attività libero-professionali regolamentate;
  • la complessità della problematica relativa al riordino degli accessi alle attività libero-professionali regolamentate, in relazione soprattutto al titolo di studio del primo ciclo (laurea);
  • la tradizione accademica, improntata ad un approccio essenzialmente disciplinare nell'impostazione dei corsi di studio;
  • la limitatezza delle risorse finanziarie disponibili per la riforma, data la ben nota situazione di criticità della finanza pubblica e la permanente esigenza di rientro dal debito accumulato nell'ultimo ventennio.

Ciononostante, in considerazione delle sopraricordate misure generali intraprese - negli ultimi anni - per la complessiva innovazione del sistema universitario e tenuto conto degli effetti che comunque deriveranno dall'attivazione della riforma, si possono annoverare fra i risultati attesi:

  • la riduzione progressiva del tasso di abbandono degli studi e dell'abnorme percentuale degli studenti e dei laureati fuori corso;
  • l'accorciamento dell'età media dei laureati e l'incremento del numero stesso dei laureati;
  • il miglioramento delle condizioni e delle opportunità di employability per quanti conseguano un titolo di studio universitario;
  • la parità delle opportunità, per i giovani italiani con titolo di studio universitario, rispetto ai coetanei degli altri paesi europei nella competizione interna e internazionale per il lavoro.

 

Il cammino della riforma: i tempi di attuazione

Il cammino della riforma, intrapreso in concomitanza con l'approvazione parlamentare della legge n. 127/1997, è stato avviato con la costituzione - nel febbraio 1997 - di un'apposita Commissione ministeriale di studio, coordinata dal prof. Guido Martinotti, incaricata di formulare proposte per l'attuazione dell'autonomia didattica. Sul rapporto finale della Commissione (Autonomia didattica e innovazione dei corsi di studio di livello universitario e post-universitario), presentato pubblicamente il 9 dicembre 1997, è stato avviato un ampio lavoro di confronto e di consultazione nell'intero mondo accademico, che ha avuto il suo momento conclusivo nel convegno nazionale tenuto a Roma, nei giorni 1-2 aprile 1998, per iniziativa della Conferenza dei Rettori delle università italiane (CRUI), sul tema: Il valore dell'autonomia. L'autonomia didattica per una nuova università (i cui atti sono stati editi dalla CRUI, collana Documenti, n. 6, 1998).

I princìpi, i criteri e gli obiettivi della riforma sono poi stati enunciati con due successivi atti di indirizzo dell'allora Ministro Berlinguer - denominati 1ª e 2ª nota sull'autonomia didattica - emanati rispettivamente nel giugno e nell'ottobre 1998. Anche su tali atti, di natura non giuridica ma politica, si è svolta un'ampia consultazione negli atenei ed altresì con le rappresentanze studentesche e le parti sociali (organizzazioni sindacali e imprenditoriali).

La fase finale della riforma - assunta nel frattempo tra gli obiettivi del Patto sociale per lo sviluppo, sottoscritto da Governo e parti sociali nel gennaio 1999 - è stata avviata, all'indomani delle dimissioni del Governo Prodi e della nomina del Governo D'Alema, dal Ministro in carica, Ortensio Zecchino, con la nomina - nel dicembre 1998 - di appositi Gruppi di lavoro ministeriali, incaricati di formulare proposte per la redazione dei decreti applicativi delle leggi n. 127/1997 e n. 4/1999.

Un primo decreto, recante Regolamento in materia di autonomia didattica degli atenei, dopo aver acquisito le osservazioni e i pareri favorevoli del Consiglio universitario nazionale (CUN), della Conferenza dei rettori delle università italiane (CRUI), del "tavolo quadrangolare" e del Consiglio di Stato, sarà prossimamente trasmesso al Parlamento per il prescritto parere finale delle competenti Commissioni della Camera e del Senato. Si ritiene che il provvedimento - con cui vengono formalizzati i criteri, le metodologie e le procedure che costituiranno la cornice normativa della riforma - potrà essere definitivamente emanato entro il prossimo mese di ottobre.

Nel frattempo, con uno o più decreti (cosiddetti "decreti di area") - da sottoporre anch'essi al vaglio delle consultazioni e dei pareri previsti dalla legge e dal Patto sociale per lo sviluppo - saranno formulati i "criteri generali" per la revisione, da parte degli atenei, di tutti i curricula. L'insieme di questi ulteriori provvedimenti si ritiene possa essere definitivamente emanato entro il corrente anno.

Con tali adempimenti il Governo avrà compiutamente assolto al mandato, ricevuto dal Parlamento, per la definizione della cornice istituzionale o normativa, che è presupposto per l'implementazione della riforma. A quel punto, la concreta attuazione della riforma passerà nelle mani delle università, come previsto dal principio dell'autonomia didattica, che ne costituisce il cardine. Gli atenei disporranno di diciotto mesi per ripensare ex novo tutti i corsi di studio e rivedere conseguentemente i propri regolamenti didattici. L'obiettivo è che i nuovi corsi possano prendere avvio con l'apertura dell'anno accademico 2000-2001. Ma questo non sarà che l'inizio, dato che - come si è visto - la riforma è strutturalmente aperta ad un'opera di costante revisione e adeguamento. Una sorta, insomma, di continua auto-riforma del nostro sistema di istruzione universitaria.

L'impresa può senza enfasi definirsi titanica, ma alla delicatezza e alla complessità che la contraddistinguono si accompagna la suggestività della sfida di preparare l'università per le nuove generazioni del 2000 e di fare dei nostri atenei le punte avanzate nel comune impegno della costruzione dello spazio europeo dell'istruzione superiore, che è la ragione del nostro ritrovarci, oggi, nell'antica e prestigiosa sede dell' Alma Mater Studiorum.