Spedito il 16/6/2000
Parere generale n. 45
All'On.le Ministro
S E D E
Adunanza dell'8/6/2000
IL CONSIGLIO UNIVERSITARIO NAZIONALE
visto il D.M. del 3/11/1999 n. 509;
vista la nota del Sottosegretario On.le Guerzoni del 16/12/1999, prot. n. 2677/SG;
visto il proprio precedente parere (parere generale n. 39), espresso nella seduta straordinaria del 5/1/2000, avente per oggetto "Parere preliminare concernente lo schema di D.M. sulla determinazione delle classi delle lauree universitarie;
viste le note del Sottosegretario On.le Guerzoni del 25/1/2000, prot. n. 2852/SG e del 27/1/2000, prot. n. 2877/SG, contenenti fra l'altro l'indicazione di omissioni ed errori materiali presenti nel più volte citato schema di D.M.;
vista la mozione del CUN del 29/3/2000, trasmessa all'On.le Ministro con delibera n. 412 del 30/3/2000;
visto lo schema di D.M. relativo ai criteri generali concernenti la "Determinazione delle classi delle lauree specialistiche universitarie" trasmesso al CUN con nota del 13/4/2000, prot. n. 7065, dell'On.le Ministro;
tenuto conto dei pareri e dei documenti trasmessi alla Presidenza del CUN da rappresentanti delle Conferenze dei Presidi di Facoltà, di Società Scientifiche e di Ordini Professionali;
tenuto conto delle considerazioni qui pervenute dalla Commissione per l'Università dell'Accademia Nazionale dei Lincei;
sentiti i Relatori;
FORMULA AL SIG. MINISTRO IL SEGUENTE PARERE
I
Il significato della riforma
I Decreti d'Area per le classi di laurea, presentati dal Ministro al CUN per il parere, rivestono grande importanza, poiché costituiscono lo strumento per la traduzione in ordinamenti didattici generali del D.M. 509/99. Si tratta, infatti, di una riforma radicale degli ordinamenti universitari vigenti, che inciderà sul futuro della formazione culturale e professionale, modificandone tempi e percorsi, contenuti e modalità, sistema di valutazione e forme di accreditamento. La riforma richiederà l'adozione di nuove regole e soprattutto la condivisione degli obiettivi programmatici: quindi una forte disponibilità al cambiamento da parte dei docenti, degli studenti e delle strutture organizzative. Da essa dipende il futuro dell'Università come istituzione primaria della ricerca e della formazione.
La dimensione europea dello spazio d'azione e delle finalità.
I nuovi ordinamenti hanno come centro di riferimento l'orizzonte europeo. Tale riferimento è reso necessario da alcuni elementi di prospettiva: senza un'effettiva armonizzazione e, in parte, integrazione dei diversi sistemi europei, verranno meno le basi per una risposta positiva alle sfide internazionali; la formazione culturale e scientifica e la sua traduzione in percorsi professionali dovranno essere spendibili almeno all'interno dello spazio europeo. La risposta all'accelerazione dei processi di innovazione, e quindi alla sempre più rapida obsolescenza delle conoscenze e delle competenze, richiede l'introduzione della formazione permanente, l'adozione di un sistema dei crediti riconosciuto, l'ampliamento dello spazio di intervento dell'autonomia didattica delle Università, in linea con le tendenze comunitarie.
Per quanto concerne tali obiettivi, occorre essere consapevoli del fatto che si tratta di un fine da perseguire, piuttosto che di un punto di partenza comune, come peraltro evidenziato nella Dichiarazione Congiunta dei Ministri dell'istruzione superiore dei paesi europei (Bologna del 19 giugno 1999), laddove si parla del "conseguimento di una maggiore compatibilità e comparabilità dei sistemi dell'istruzione superiore". Tale processo "necessita peraltro di un costante impulso per potersi realizzare compiutamente". D'altronde, lo stesso richiamo nei documenti a una formazione di primo livello non inferiore a tre anni è ben lungi dal rappresentare anche una semplice convergenza d'intenti verso un percorso di primo livello triennale assunto come struttura formativa fondante di un sistema unitario europeo. Si stanno, infatti, sviluppando progettualità e tendenze diverse: ad. es., in Francia, Germania, Gran Bretagna, Spagna non sembra di poter registrare tendenze verso una evoluzione dell'attuale sistema universitario con un'architettura analoga a quella proposta in Italia. In alcuni Paesi (Francia Germania) sono stati proposti corsi triennali professionalizzanti a lato dell'attuale organizzazione. In altri, ad esempio Gran Bretagna, la tendenza che sembra affermarsi è quella di prolungare i corsi triennali in corsi quadriennali, con la motivazione che la scuola secondaria è divenuta troppo generalista e non permette l'acquisizione di quelle competenze di base che ora debbono essere impartite dalle Università. Occorre, infine, segnalare che nell'esperienza europea l'inizio del dottorato di ricerca può avvenire al termine di un primo livello di formazione universitaria. Tutto ciò pone gravi problemi all'Università italiana e richiede interventi urgenti.
E' opportuno, pertanto, che, secondo indicazioni già richiamate dal CUN in precedenti pareri, venga innescato o rafforzato per il futuro un confronto su percorsi formativi specifici, o su loro insiemi omogenei, che segua la via aperta dai curricula per i quali è già stata definita una normativa comunitaria, senza enfatizzare il problema di una durata comune generalizzata.
In questo senso, il nuovo sistema italiano costituisce una proposta inedita rispetto al panorama europeo, che testimonia piuttosto la volontà di unificazione sul terreno della cultura e dell'istruzione superiore. La riforma predispone una struttura più flessibile rispetto al sistema precedente, in grado, in linea di principio e qualora si realizzino le condizioni di contesto successivamente evidenziate, di meglio rispondere agli obiettivi prefissati di allineamento con le tendenze internazionali e di incremento della capacità di integrazione e di competizione.
Questa dimensione internazionale dovrà costituire il nucleo fondante di tutti i momenti del nuovo sistema universitario e delle sue articolazioni. Per mantenere ed accrescere la flessibilità occorre tuttavia fare ancora passi decisivi nell'integrazione delle diverse parti dell'intero sistema formativo - la scuola media superiore, la formazione professionale e la formazione post secondaria. Per completare la costruzione di un sistema di formazione lungo tutto l'arco della vita, infine, dovranno essere utilizzati in modo strategico i master di I e II livello (D.M. 509/99 art.3 c.8) e il sistema dei crediti in modo tale da consentire una migliore integrazione e un raccordo costante col mondo della produzione e del lavoro.
Obiettivi di fondo, comportamenti e interventi di sistema
Attraverso precedenti pareri il CUN, nella piena condivisione della necessità e urgenza della riforma, ha sottolineato, con chiarezza e fermezza, la dimensione e la complessità degli obiettivi che essa persegue e che le Università sono chiamate a realizzare:
- l'estensione della base sociale con istruzione di livello universitario;
- una formazione culturale e professionale in linea con la dinamica del mondo del lavoro;
- un'anticipazione dell'ingresso nel mercato occupazionale;
- la convergenza di durata legale e durata reale degli studi;
- la riconoscibilità dei titoli sulla base dei percorsi formativi effettivamente svolti;
- una diversificazione dei curricula, all'interno di contesti unificanti, espressione di effettive identità professionali;
- una risposta adeguata alle esigenze insieme locali, nazionali ed europee dei titoli e delle competenze.
Il raggiungimento di questi obiettivi costituisce un impegno di grande significato per le singole sedi, le quali devono, comunque, garantire il mantenimento del livello universitario dell'istruzione impartita. Il conseguimento dell'obiettivo formativo dovrà avvenire, inoltre, a fronte di una diminuzione immediata della durata degli attuali corsi di laurea di uno o due anni e, quando la riforma dei cicli della scuola media sarà a regime, con un'ulteriore riduzione di un anno.
Affinché gli obiettivi siano conseguibili è, pertanto, necessaria una struttura coerente dell'intero quadro della riforma, sia negli aspetti normativi sia in quelli finanziari, che al momento non è dato intravedere. I diversi soggetti in gioco, dal livello nazionale a quello delle sedi, dovranno assumere comportamenti virtuosi.
Il primo requisito è il mantenimento del raccordo tra esigenze di sistema nazionale e internazionale e esigenze dell'autonomia delle sedi che potrà essere garantito dall'osservanza rigorosa di alcuni criteri comuni di riferimento. Si tratta di una condizione pregiudiziale per la piena valorizzazione delle differenze fondata su un esercizio responsabile dell'autonomia didattica degli Atenei, in un quadro di sistema nazionale delle autonomie che salvaguardi l'unitarietà. Occorre, infatti, coordinare il sistema delle autonomie, evitando un'interpretazione riduttiva dell'autonomia in termini di de-responsabilizzazione sugli aspetti di contesto e quindi di totale de-regolazione e polverizzazione del sistema in senso localistico. Il prevedibile esito di comportamenti anomali a livello nazionale e locale, potrebbe, infatti, essere quello di allontanarci piuttosto che avvicinarci all'Europa.
Il CUN ribadisce la necessità, già espressa in un suo precedente intervento del 29 marzo 2000, e recentemente evidenziata in un documento della Commissione per l'Università dell'Accademia dei Lincei, che la definizione e l'introduzione dei nuovi corsi di laurea sia frutto della necessaria ponderazione e preparazione; in tal senso e a salvaguardia degli studenti va letto il dettato del D.M. 509/99, laddove ritiene conclusa la stagione delle sperimentazioni e impegna all'attuazione della riforma.
Accanto agli elementi normativi e di autogoverno dell'autonomia, è necessario attuare gli interventi di sostegno concreto alla riforma, innanzi tutto sul piano dell'adeguamento delle risorse e delle strutture disponibili degli atenei alla domanda di formazione. In particolare è necessario operare a livello nazionale e locale con interventi finanziari aggiuntivi tali da permettere il conseguimento degli obiettivi comuni della padronanza di una o più lingue europee, del processo di alfabetizzazione informatica generalizzata e della crescita di una didattica sempre più legata a momenti formativi di laboratorio, tirocinio e stage. Senza un intervento di carattere straordinario sarà impossibile ridurre la forbice che ci separa dai maggiori Paesi europei.
Per una piena attuazione del diritto allo studio e per un'effettiva diminuzione dello scarto oggi esistente fra durata legale e durata reale degli studi, i singoli atenei potranno attuare forme organizzative che riflettano le diverse tipologie di impegno degli studenti, adattando ad esse organizzazione della didattica, modalità e tempi di apprendimento (D.M. 509/99 art. 5 c. 6).
Articolazione dei saperi ed obiettivi professionalizzanti
Il CUN ha posto in evidenza nel Parere n. 39 formulato in data 4.1.2000 la necessità che il proprio intervento debba riguardare l'intero arco delle classi di laurea e di laurea specialistica, nonché le classi per le quali è prevista un'azione di concerto tra Ministeri diversi, con particolare attenzione a quelle di area sanitaria e di area strategica. Sono evidenti, infatti, le strette interconnessioni che sussistono tra l'area medica e le altre di carattere scientifico, in particolare di quelle che costituiscono zone di confine di rilevante interesse nazionale, quali ad esempio le biotecnologie. L'assenza di qualunque informazione ha impedito un'azione di raccordo, di coordinamento e di coerenza, peraltro, assolutamente indispensabile.
Per quanto concerne l'area delle "scienze strategiche" occorre rilevare che la situazione è di gran lunga la più preoccupante, in quanto manca una qualunque definizione dei relativi ambiti dei saperi e delle professioni, con l'evidente rischio di una sovrapposizione totale o parziale con classi già esistenti e con il grave pericolo di costituire una vera e propria struttura parallela a quella dei corsi universitari previsti dalla riforma. Tutto ciò in assenza di una effettiva caratterizzazione che ne legittimi l'autonomia, l'autosufficienza e quindi la necessità se non in termini del tutto esteriori, quali quelli determinati dalla loro appartenenza alle amministrazioni militari.
Il CUN, tenuto conto della grave situazione determinatasi, ritiene comunque necessario richiamare in via pregiudiziale alcuni criteri di riferimento:
La vera e propria rivoluzione che è stata attuata con l'eliminazione della struttura tabellare, rigida e codificata delle discipline, a favore della delineazione di aree perimetrali di campi di ricerca, è infatti tale da incidere profondamente non solo sulla natura dei singoli ambiti ma, in parte, anche sull'articolazione strutturale delle classi in attività formative di base, caratterizzanti e affini o integrative. Il riferimento ai settori, così come oggi sono costituiti (D.M. 23.12.1999, G.U. del 5.1.2000) e in via di definitiva pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale, è cosa ben diversa dall'utilizzazione obbligata di elenchi di discipline.
Il nuovo settore scientifico-disciplinare è di norma riferibile ad una pluralità di ambiti disciplinari, difficilmente inquadrabili nella loro integralità nelle singole attività formative. Ne scaturiscono limitazioni e inconvenienti ai quali il CUN, nelle sue proposte di modifica delle classi, ha inteso porre rimedio. Per ovviare a taluni degli effetti negativi di questa discrasia, il CUN è del parere che occorra anche un intervento sul decreto accompagnatore delle classi di laurea, che lo renda coerente e omogeneo con quanto previsto nel decreto successivo per le classi delle lauree specialistiche. Non bisogna tuttavia dimenticare che una logica per molti aspetti comune sta alla base del concetto di classe e di quello di settore scientifico-disciplinare. Il nuovo significato di settore scientifico-disciplinare registra, infatti, la situazione dinamica dell'articolazione dei saperi negli ambiti di ricerca, abolendo barriere spesso fittizie legate agli elenchi di discipline, senza tuttavia negare le ragioni delle specificità. Esso consente l'attivazione di insegnamenti con denominazioni particolari senza minare l'unitarietà della ricerca e lo sviluppo dei saperi. La prima funzione è affidata all'esercizio dell'autonoma responsabilità delle strutture didattiche di Ateneo, che è in grado di tener conto della variabilità delle forme e delle denominazioni che le discipline potranno assumere per meglio rispondere alle esigenze didattiche concrete. Il concetto di "classe" d'altra parte, pur nella sua intrinseca ambiguità, può rispondere non solo all'individuazione dell'appartenenza dei diversi corsi di laurea, ma soprattutto registrare la nuova classificazione dei saperi secondo gli effettivi processi dello sviluppo della ricerca scientifica e la loro traduzione in percorsi curriculari.
Inoltre la classe potrebbe rendere possibile il superamento di barriere tra diverse forme di saperi universitari, spesso ossificati da incomunicabilità reciproca e non più rispondenti alla evoluzione effettiva delle conoscenze e delle professioni, che sempre più esige forme di trasversalità ed integrazione. In questa direzione il CUN propone alcuni interventi indicativi.
Il CUN tuttavia non può fare a meno di osservare che esiste disomogeneità anche nella logica sottesa alla costruzione delle diverse classi nel progetto della bozza ministeriale, le quali sembrano talvolta obbedire a regole tra loro incompatibili. Infatti, si oscilla tra l'ampia estensione di talune classi, tale da racchiudere la totalità dei corsi di laurea esistenti e culturalmente possibili nell'ambito dell'area, e l'eccessiva limitatezza di altre, che corrono il rischio di coincidere con un solo corso di laurea.
Il CUN nota anche la grande sproporzione che esiste nella distribuzione per aree delle diverse classi: vi sono aree che includono un numero piuttosto elevato di classi, mentre aree di grande incidenza scientifica e professionale ne registrano un numero molto ridotto. Il CUN non ritiene possibile intervenire, a questo stadio, applicando parametri estrinseci di distribuzione numerica. Tuttavia ritiene che si debba tenere adeguato conto di questa effettiva anomalia, ed evitare che in futuro si faccia riferimento alle classi e al loro numero per fini differenti da quelli per i quali esse sono state istituite.
Il CUN sottolinea che le scelte compiute sul numero e sul tipo di classi non fanno solo riferimento a modelli astratti e formali, ma intrecciano al loro interno problemi culturali, politici e fattuali difficilmente eludibili, se non a prezzo di gravi semplificazioni o di interventi dirigistici, che mal si conciliano con il rispetto delle dinamiche del mercato del lavoro e di quelle della esistenza e della crescita delle comunità scientifiche. Occorre inoltre prendere atto del fatto che, in talune classi proposte, si registra un'inadeguata caratterizzazione delle lauree per quanto attiene all'individuazione degli obiettivi formativi e professionalizzanti.
Di tutto questo il CUN ha tenuto conto nelle sue proposte, e in proposito sottolinea la necessità di un monitoraggio attento della prima applicazione della riforma e l'opportunità di eventuali successive revisioni. Il processo avviato costituisce, infatti, una prima fase di intervento che richiede una puntuale verifica nel suo attuarsi.
Occorre inoltre registrare il diverso ruolo che compete alle classi a livello nazionale in quanto strutture di identificazione di omogeneità culturali e professionali, rispetto a quello che compete loro nella individuazione degli effettivi percorsi curriculari a livello locale. L'individuazione degli obiettivi e delle attività formative devono costituire una risposta efficace alle esigenze del territorio. In particolare, la possibilità praticamente illimitata di attivazione di corsi di laurea con denominazione diversa deve corrispondere sempre ad effettive esigenze, verificate con l'utenza, il sistema delle imprese, i soggetti sociali e gli ordini professionali, in modo da costituire una risposta adeguata alle esigenze della società civile e del mercato del lavoro. Sarà possibile così evitare che prospettive di autoreferenzialità impongano corsi di laurea che rispondano in modo prioritario ad esigenze di crescita di gruppi accademici piuttosto che ad una reale domanda sociale.
Il sistema dei crediti
Il buon esito della riforma dipende in certa parte dall'adeguatezza delle norme, ma in larga misura dalla sua interpretazione, dalla capacità di comprendere fino in fondo gli obiettivi e gli strumenti del cambiamento, come modificare effettivamente i programmi di insegnamento, i modi e i tempi di impegno richiesto ai docenti e agli studenti, l'articolazione dei percorsi, le strutture organizzative di intervento. Si tratta di un processo complesso che può essere vanificato da interventi improvvisati nei tempi, nei modi e nei contenuti. L'introduzione in particolare del sistema dei crediti comporta una ridefinizione radicale delle modalità di misura dell'impegno, una rideterminazione degli insegnamenti con i loro programmi, una individuazione degli effettivi carichi didattici e del ruolo che ciascuna disciplina deve avere per raggiungere gli obiettivi formativi, nei tempi e nei modi stabiliti.
Il quadro della riforma sarà vanificato se il sistema dei crediti verrà applicato in modo superficiale o addirittura in antitesi con la natura ad esso intrinseca, come ad esempio nel caso in cui tutti gli insegnamenti vengano collocati su un piano indistinto con la traduzione indifferenziata nel medesimo numero di crediti; oppure se i crediti verranno assegnati ai singoli docenti piuttosto che alle discipline, in nome di gerarchie precostituite. Le strutture didattiche nella costruzione dei corsi di laurea e quindi nell'attribuzione dei crediti a ciascun insegnamento o attività prevista non dovranno né potranno esimersi dall'entrare e dall'operare nel merito.
A tale scopo dovranno essere valorizzate le commissioni paritetiche studenti-docenti previste dall'art 12. comma 3 del D.M. 509/99: "Le disposizioni dei regolamenti didattici dei corsi di studio concernenti la coerenza tra i crediti assegnati alle attività formative e gli specifici obiettivi formativi programmati sono deliberate dalle competenti strutture didattiche, previo parere favorevole di commissioni didattiche paritetiche o di altre analoghe strutture di rappresentanza studentesca ...".
Anche l'attribuzione dei compiti didattici dovrà essere compiuta tenendo conto del rispetto delle attitudini e delle competenze dei docenti, della libertà di insegnamento, utilizzando le forme di flessibilità previste dai nuovi ordinamenti e alla luce del nuovo significato dei settori rispetto alle discipline. E' questa una delle condizioni pregiudiziali per raggiungere l'obiettivo della conclusione degli studi nei tempi previsti dagli ordinamenti e senza un indebito abbassamento del loro livello. Ciò rende necessario porre fine all'attuale anomala situazione che spesso si manifesta soprattutto in tema di definizione dei programmi di insegnamento, oggi affidati per lo più alla discrezionalità del singolo docente con riflessi anche nella determinazione dei carichi didattici. La libertà della ricerca e della didattica, riconosciuta ai docenti, viene esaltata solo attraverso una comune individuazione degli obiettivi, dei tempi e dei modi necessari per il loro conseguimento, pur nella salvaguardia dei loro diritti costituzionali per quanto riguarda l'orientamento culturale e metodologico. A questo fine l'art. 8 del D.M. 509/99, deve costituire lo stimolo per avviare un effettivo esercizio comune di programmazione delle attività in vista del raggiungimento degli obiettivi. La capacità di incidere positivamente sulla bassa produttività, misurata dal basso numero di laureati, dall'alto numero di fuori corso e dall'elevato livello degli abbandoni, è legata anche all'esercizio di queste responsabilità da parte delle strutture didattiche. D'altro canto, per incentivare l'impegno degli studenti, occorre anche utilizzare la possibilità di stabilire, da parte delle sedi, "il numero minimo di crediti da acquisire da parte dello studente in temi determinati" previsto dall'art. 5 c. 6 del D.M. 509/99.
Accesso agli studi e integrazione con la formazione secondaria
Una particolare attenzione occorre dedicare alla questione dell'accesso all'Università. Allo stato, infatti, esiste una notevole sfasatura tra riforma dell'Università e riforma della scuola media, in particolare di quella superiore. Un marcato peggioramento della qualità della formazione viene riscontrato da indagini recenti negli anni conclusivi della scuola media superiore. La recente riforma dei cicli, con la diminuzione di un anno di formazione, l'accrescimento dell'obbligo scolastico, la riforma dell'esame di Stato non potranno sviluppare immediatamente le loro potenzialità positive.
Va inoltre tenuto presente che è in pieno svolgimento la ridefinizione dei programmi e la determinazione dei nuovi saperi, nel contesto di una riforma delle istituzioni scolastiche sul terreno dell'autonomia, che entrerà in vigore dal settembre del 2000.
Tutto questo deve spingere ad una attenta valutazione e quindi applicazione di quanto previsto dall'art. 6, comma 1, del D.M. 509/99, laddove si attribuisce agli atenei il compito di determinare nei regolamenti didattici le conoscenze richieste per l'accesso, la individuazione delle modalità di verifica, l'eventuale attivazione di attività propedeutiche. A tal fine è opportuno avviare anche sul piano locale rapporti sistematici di collaborazione e confronto con il sistema scolastico regionale e concordare le linee di fondo per una solida azione di orientamento.
Formazione universitaria e ordini professionali
Una considerazione particolarmente attenta merita il problema del rapporto tra nuovo ordinamento degli studi e ordini professionali. Si tratta di una questione di grande rilevanza, che ha riflessi marcati anche in riferimento alla normativa comunitaria. Resta tuttavia il fatto che, l'articolazione del percorso in due diversi livelli di laurea, la possibilità di denominare in modo differente corsi di laurea appartenenti alla medesima classe, l'introduzione del sistema dei crediti come uno degli strumenti di accreditamento dei percorsi effettivamente sviluppati, il significato che può e deve assumere il riferimento nazionale delle classi impongono una impostazione su basi del tutto nuove dei problemi tradizionali delle professioni, dei principi e dei riferimenti certi di identificazione a livello nazionale. Resta inoltre del tutto aperta la questione della verifica delle proposte che dovranno portare a individuare i diversi corsi di laurea, all'accertamento del rapporto di coerenza con gli ordinamenti nazionali (D.M. 509/99, art. 11 c. 1, ribadito nella relazione illustrativa dello schema di decreto ministeriale) così da consentire una precisa e chiara caratterizzazione delle diverse professionalità e dei loro livelli.
Occorre inoltre tener presente che le diverse situazioni sono spesso tra loro disomogenee, e che sussistono quindi oggettive difficoltà nella individuazione di parametri comuni. Lo stesso rapporto di consultazione per la determinazione degli ordinamenti didattici e del quadro delle attività formative previste dai curricula tra le organizzazioni rappresentative del mondo della produzione, dei servizi e delle professioni e i singoli atenei, secondo l'art. 11, comma 4 D.M. 509/99, se non usato con rigore, può giocare un ruolo ambivalente e accrescere gli elementi di diversificazione o comunque di complessità, rendendo più difficile l'individuazione di un quadro comune di riferimento per le professioni.
Allo stato si deve osservare che il confronto con gli ordini professionali è iniziato con grande ritardo ed è ben lungi dall'essere completato. Esso richiederà un impegnativo lavoro di confronto per giungere a soluzioni concordate che rispondano positivamente alla domanda sociale. Ciò che occorre comunque evitare è lo scollamento tra nuovi ordinamenti ed esigenze professionali, con il pericolo che intervengano forme esterne di controllo per l'accesso alle professioni tali da delegittimare l'ordinamento degli studi e le finalità professionalizzanti perseguite dalle Università. Un momento particolarmente delicato in questo processo è rappresentato dalla revisione delle modalità di svolgimento degli esami di abilitazione per l'accesso alle professioni.
E' inoltre importante che si attuino forme di accreditamento dei corsi di studio tese al controllo della qualità degli obiettivi, del processo e del risultato formativo conseguito. Il sistema di accreditamento dovrà avere legittimazione in sede nazionale. Degli organismi deputati all'accreditamento dovranno fare parte tutti i diversi portatori di interessi.
Strutture didattiche
Occorre infine affrontare la questione dell'attribuzione alle strutture didattiche dello svolgimento dei corsi di studio.
Il CUN ha avuto modo di osservare, in sede di formulazione del proprio parere in merito al D.M. 509/99, che l'articolazione fondata sulle classi, nelle quali sono contenuti i nuovi corsi di laurea, per molti versi supera la tradizionale forma organizzativa che raggruppa in modo esclusivo i corsi di laurea all'interno delle facoltà e fa di queste ultime i referenti della didattica. Non bisogna dimenticare che i corsi di laurea di una medesima classe potranno afferire a diverse facoltà. Quindi, se in linea di fatto quando si fa riferimento all'attribuzione alle strutture didattiche il centro rimane pur sempre la facoltà, occorre tuttavia evitare che si tratti di una condizione esclusiva e definitiva.
Non bisogna inoltre dimenticare che, negli ultimi anni, la tipologia dei corsi di laurea si è venuta fortemente modificando: ai corsi già costituiti mediante accordi inter-facoltà e inter-ateneo, nel futuro, attraverso l'impiego massiccio delle nuove tecnologie e delle reti informatiche, potrebbero aggiungersi forme sempre più vaste e complesse di internazionalizzazione dei percorsi, oggi difficilmente prevedibili, fino alla costituzione di veri e propri sistemi formativi a rete. L'autonomia degli statuti, inoltre, ha aperto la possibilità di nuove forme di organizzazione rispondenti a situazioni specifiche e ai grandi mutamenti in atto. Occorre rapportarsi ai nuovi processi e intervenire in essi con forme organizzative funzionali alla loro gestione, sicuramente governabili e governate dagli statuti, in grado di anticipare e orientare piuttosto che subire il cambiamento.
La centralità della facoltà non è in discussione; in questione è la delineazione delle forme più adeguate di gestione dell'innovazione nel futuro, senza correre il rischio di fissare in modo astorico strutture che pure assolvono ad un'importante funzione.
Lauree e lauree specialistiche
L'attribuzione del titolo di laurea al livello iniziale della formazione universitaria nel nuovo modello organizzativo sottolinea un obiettivo primario della riforma: mettere i laureati in condizione di aver percorso un ciclo compiuto di studi che permetta loro di poter entrare nel mondo del lavoro, dotati di competenze effettivamente spendibili.
Il CUN rileva con preoccupazione il rischio che si creino situazioni di anomalo affollamento nell'accesso a lauree specialistiche, laddove siano state attivate lauree che non agiscono con efficacia nel fornire una formazione effettivamente spendibile sul lavoro. Le lauree specialistiche devono infatti essere viste anche come una componente essenziale del sistema di formazione lungo l'arco della vita, accanto ai master di I e II livello (D.M. art.3 c.8).
Il CUN osserva che le classi di laurea delineate nel decreto non sempre sembrano rispondere appieno al fine suddetto, e talora è difficile individuare in esse l'acquisizione di competenze ampiamente spendibili o la possibilità di raggiungerle nei tempi e con le modalità previste. Notevole squilibrio esiste inoltre nella più o meno chiara vocazione di alcune classi a costituirsi prevalentemente come struttura formativa di transito verso la laurea specialistica, la quale, in questi casi, risulta essere la sola in grado di dare accesso a professionalità consolidate, di ampio spettro, piuttosto che di tipo specialistico.
Arduo e di grande responsabilità appare comunque il compito delle sedi nell'interpretare la richiesta della società e del mondo del lavoro espressa a livello territoriale, integrandola con la funzione istituzionale dell'Università, che consiste nella ricerca e nella trasmissione di un sapere critico, tale da garantire autonomia nell'esercizio delle competenze acquisite.
Il tema del raccordo tra lauree triennali e lauree quinquennali appare peraltro delicato. Su di esso il CUN interverrà più approfonditamente nel parere sulle lauree specialistiche. Tuttavia appare fin d'ora necessario evidenziare il rischio di un orientamento preferenziale degli studenti verso quei corsi di laurea che meglio rispondono al passaggio senza debiti formativi alle lauree specialistiche. Ciò dipende dal fatto che le lauree specialistiche sono formulate non sulla base dei crediti relativi al biennio specialistico, bensì di quelli dell'intero percorso quinquennale. Tale possibilità può configurare un pericolo che vanifica o, per lo meno, attenua, il significato anche professionalizzante della laurea, svuotando i percorsi più significativi, soprattutto se i debiti formativi da colmare per il percorso specialistico prefigurano l'allungamento di fatto di un ulteriore anno.
Sia per le lauree sia per le lauree specialistiche va predisposto un quadro normativo di riferimento, entro il quale si attui la regolamentazione, da parte delle sedi, delle modalità e dei tempi di recupero degli eventuali debiti formativi, sia all'ingresso del percorso universitario, sia al passaggio ai cicli successivi alla laurea. L'assenza di norme che salvaguardino l'effettiva partecipazione dello studente alle attività didattiche previste per i corsi formativi, rischia di annullare l'obiettivo di ridurre il divario tra tempi reali e tempi legali degli studi.
Problemi aperti dalla transizione dal vecchio al nuovo sistema
Il CUN richiama l'attenzione del Ministro e degli Atenei sull'estrema difficoltà che si prospetta in ordine alla transizione tra il vecchio ordinamento (diplomi, lauree quadriennali o quinquennali) e la nuova struttura formativa imperniata sulla laurea e sulla laurea specialistica. In mancanza di indicazioni o del Ministro competente o dell'organo istituzionale di rappresentanza delle Università, in accordo con la struttura di coordinamento degli Atenei organizzati nella CRUI, si palesa il rischio di interventi delle singole sedi impostati su basi metodologiche del tutto difformi. In assenza delle indicazioni sopra richiamate, si profilerebbe il rischio di limitare ulteriormente la già scarsa mobilità degli studenti, di porre gravi problemi al riconoscimento delle identità professionali a livello nazionale, con eventuali discriminazioni di trattamento nei confronti di utenti provvisti dei medesimi diritti. Il CUN inoltre rileva che, senza parametri di riferimento comuni, si palesa la possibilità di una permanenza nel medio-lungo periodo di due sistemi del tutto disomogenei, tali da produrre ulteriori elementi di incertezza e di ostacolo all'effettivo avvio della riforma, oltre ad una moltiplicazione di corsi con programmi diversi per identiche discipline, ad un aggravamento di costi e a difficoltà nel reperimento del personale docente.
Conclusioni
Il CUN ha inteso formulare un parere costruttivo, che prende atto della situazione effettivamente esistente, considerata sia nelle sue potenzialità positive in direzione di una decisiva svolta nel sistema dell'istruzione superiore del Paese, sia nei rischi nei quali si incorrerà in assenza degli interventi pregiudiziali e urgenti che sono stati richiamati.
Il CUN esprime parere favorevole al decreto sulle classi delle lauree. Richiama tuttavia l'attenzione del Signor Ministro sulla necessità di mettere in atto gli interventi di contesto più volte richiamati, in aderenza alla logica sottesa alle proposte elaborate in merito alle singole classi. Una delle condizioni che si ritengono necessarie è l'approvazione di un chiaro e coerente disegno di legge sullo stato giuridico del personale docente, attualmente in discussione in Parlamento. Un particolare rilievo assume, inoltre, la chiara espressione della volontà politica riformatrice da parte del Governo, che si traduca nella contestuale messa a disposizione delle risorse economiche assolutamente necessarie per l'avvio, il proseguimento ed il rafforzamento della riforma. Il CUN sottolinea la necessità che la prima fase verso l'armonizzazione del sistema universitario italiano nel contesto europeo passi attraverso la drastica riduzione del divario attualmente esistente tra le risorse percentuali, rispetto al Prodotto Interno Lordo, destinate al sistema universitario italiano e quelle degli altri paesi europei. Il CUN richiede, inoltre, che le classi relative all'area sanitaria e a quella delle scienze strategiche che dovranno essere sottoposte al suo esame non contraddicano la ratio dell'attuale disegno riformatore e i criteri sopra richiamati. Il CUN ritiene inoltre opportuno l'avvio immediato di un processo di monitoraggio degli aspetti e soggetti coinvolti nella riforma, sulla base di parametri comuni e non equivocabili.
In assenza delle condizioni e degli interventi richiamati, il CUN ritiene
che gli obiettivi, assegnati con grande enfasi alla riforma, non siano
realizzabili.
II
Proposte di modifica e di intervento concernenti il decreto
A seguito dell'esame delle singole classi di laurea elencate nella proposta dello schema di D.M. 509/99 recante "Determinazione delle classi delle lauree universitarie", tenuto anche conto dello schema di Decreto recante "Determinazione delle classi delle lauree specialistiche universitarie" trasmesso al CUN il 13/4/2000 e della necessità di garantire omogeneità normativa tra i due decreti, il CUN, in coerenza con le osservazioni generali, propone i seguenti interventi di modifica:
Il CUN ritiene opportuno che il Decreto citato di accompagnamento delle classi di laurea, in analogia con quanto proposto nel Decreto recante "Determinazione delle classi delle lauree specialistiche universitarie" trasmesso al CUN il 13/4/2000 (art. 2, c. 1, 2 e 3) indichi la necessità che gli statuti e i regolamenti di Ateneo definiscano le strutture didattiche competenti per l'organizzazione e lo svolgimento delle nuove lauree.
Ritiene inoltre necessario introdurre nel Decreto il disposto del c. 3 dell'art.4 del Decreto recante "Determinazione delle classi delle lauree specialistiche universitarie", laddove si definisce in non meno di tre il numero di ambiti delle attività formative caratterizzanti, cui necessariamente va riservato un adeguato numero di crediti nei regolamenti didattici di Ateneo, qualora i crediti non siano specificamente attribuiti agli ambiti delle attività formative. Il CUN ritiene che, una volta definito, negli ordinamenti didattici degli Atenei, il percorso formativo, attraverso l'individuazione degli ambiti cui assegnare un numero adeguato dei crediti previsti per la categoria delle attività caratterizzanti, gli ambiti non utilizzati possano essere considerati tra quelli affini e integrativi. Questa proposta permette, infatti, la significativa differenziazione dei percorsi formativi per quelle classi che hanno un elevato numero di ambiti nelle attività formative caratterizzanti e che rappresentano un ampio ventaglio di campi di preparazione e applicazione professionale.
L'interpretazione del significato degli ambiti disciplinari caratterizzanti, come quelli effettivamente adottati dall'Ateneo per caratterizzare il/i corsi di laurea attivati nella classe, appare coerente con lo spirito del D.M. 509/99 ed, inoltre, permette di evitare una proliferazione delle classi. Questa scelta sta alla base della proposta del CUN di accorpare alcune classi. Il CUN, alla luce di questi criteri, ha proceduto alla modifica delle singole classi e alla rideterminazione degli obiettivi e delle attività formative.
Il CUN ritiene infine che questa modifica rappresenti una chiave di lettura cui riferirsi nel futuro, in sede di revisione dell'intero assetto del sistema delle classi, dopo una congrua fase di prima applicazione e di attento monitoraggio. In tal modo sarà possibile rivedere quelle parti che risultano carenti e bisognose di ulteriore intervento, come previsto nel D.M. 509/99. In tale momento sarà possibile procedere all'eventuale fusione o eliminazione di talune classi, oltre che all'eventuale enucleazione di nuove classi che si rendano necessarie sulla base dell'esperienza dei singoli Atenei e della risposta della società civile e del mercato del lavoro.
2. Le modifiche proposte per ciascuna classe
Le modifiche proposte per ciascuna classe, allegate al presente parere, sono indicate attraverso modifiche apportate direttamente sul testo originale della bozza trasmessa dal Ministro il 15 dicembre 1999 con s.m. del 23 marzo 2000. Si utilizza il tratto di barratura delle parti del testo originario di cui si propone l'abolizione e si mettono in evidenza con carattere in grassetto corsivo le parole di cui si propone l'inserimento. Tale rappresentazione grafica delle proposte di emendamento mira a facilitarne la rapida comprensione in riferimento al quadro generale della classe. Le varie modifiche sono state proposte sulla base dei seguenti criteri:
a) Denominazione delle classi
Il CUN ritiene opportuno identificare le classi delle lauree nella maniera più omogenea e chiara possibile. Propone pertanto che sia utilizzato per ogni classe il termine "Discipline". L'uso generalizzato di tale termine permette una chiara differenziazione delle denominazioni delle nuove classi delle lauree rispetto alle denominazioni delle classi delle lauree specialistiche, che andranno anch'esse individuate con denominazioni omogenee.
b) Obiettivi formativi
Il CUN ritiene importante che i campi di possibile applicazione professionale delle singole classi siano esplicitamente richiamati nella parte relativa agli obiettivi della classe, pur tenendo conto delle inevitabili differenziazioni esistenti nelle diverse aree culturali. L'opportunità che le singole classi indichino, sia pure in modo sintetico, le possibili e presumibili prospettive professionali, appare un elemento di orientamento indispensabile a livello nazionale.
Su queste basi, il CUN ha deciso di applicare uno schema degli obiettivi formativi delle classi imperniato su tre momenti:
Il CUN ritiene che il monte-ore annuo di 1500 ore, previsto dal D.M. 509/99, corrispondente a 60 crediti di 25 ore ciascuno, nella prima attuazione del provvedimento sia adeguato per rappresentare convenzionalmente la quantità media di lavoro di apprendimento svolto in un anno da uno studente che sia impegnato a tempo pieno, in tutte le aree scientifiche e culturali.
Ritiene pertanto che le eventuali oscillazioni entro il limite del 20% del valore del credito formativo universitario, previste nel decreto stesso (D.M. 509/99 art.5, c.1), debbano essere prese in considerazione in ambito nazionale, solo successivamente ad una fase di prima applicazione e sulla base di fondate esigenze.
Ritiene, altresì, che sia ragionevole ipotizzare un impegno medio di due ore da parte degli studenti per ogni ora di lezione e che, pertanto, la frazione dell'impegno orario complessivo riservato allo studio individuale debba, di norma, essere superiore (66%) al limite minimo del 50% dell'impegno totale, previsto nel decreto (D.M. 509/99 art.5, c.3), con le opportune eccezioni, nel caso della comprovata necessità di un forte sviluppo delle attività formative di tipo pratico-operativo e di laboratorio.
d) Numero di crediti riservati alle attività formative di ciascuna classe
Il CUN ritiene che la somma totale dei crediti riservati a livello nazionale, di cui il D.M. 509/99, art. 10 c. 2 a) fissa nel 66% del totale il limite superiore, debba tendenzialmente possedere una ragionevole convergenza nelle varie classi; tuttavia registra l'opportunità dell'esistenza di una modesta differenziazione tra le diverse classi, che corrisponde al differente quadro propositivo e alle diverse esigenze delle aree. Anche questo dato dovrà essere opportunamente monitorato ed eventualmente soggetto a successive modifiche. Il CUN propone, pertanto, che la somma totale dei crediti vincolati sia compresa in un campo di oscillazione tra 105 e 118 crediti. Inoltre una modesta oscillazione dei crediti destinati alle categorie delle attività relative alla preparazione della prova finale e a quelle volte all'acquisizione di ulteriori conoscenze linguistiche e informatiche o telematiche risulta compatibile con le differenti esigenze formative delle aree.
e) Attività formative affini e integrative
Il CUN ritiene che, per ciascuna classe, debbano essere specificate, attraverso la definizione di uno o più ambiti, le conoscenze e le competenze che siano riconosciute affini o integrative di quelle caratterizzanti, ai sensi del D.M. 509/99 art.10, comma c. Una volta definito almeno un ambito di settori affini o integrativi, potrà eventualmente essere aggiunto un rinvio di carattere generale.
f) Denominazioni degli ambiti disciplinari
Il CUN osserva che l'esistenza di un ampio spettro di denominazioni per gli ambiti disciplinari che formano le diverse categorie di attività formative corrisponde alla diversità terminologica e descrittiva in uso nelle varie aree scientifiche.
g) Altre attività formative
Il CUN ritiene opportuno introdurre, per tutte le classi, al terzo punto di questa categoria di attività formative la frase "adeguata conoscenza della lingua italiana", preposta a "ulteriori conoscenze linguistiche", al fine di specificare la necessità di conseguire una più solida conoscenza della lingua nazionale.
3. Accorpamento di classi
Il CUN sottolinea che l'intervento propositivo ed emendativo è diretto ad arricchire percorsi formativi precedentemente non previsti per talune classi, in grado di rispondere ad esigenze di carattere sociale e occupazionale.
La fusione delle classi XIII e XLI relative ai beni culturali, evidenzia la concezione unitaria del bene culturale che richiede una convergenza di interessi di carattere tecnico-scientifico e umanistico. In questo modo viene data una forte indicazione di intreccio tra diverse competenze nella formazione scientifico-professionale pur mantenendo la possibilità della necessaria differenziazione dei percorsi specifici. Inoltre la proposta di fusione delle classi XXX e XXXIX mira a meglio rispondere alle esigenze professionali e scientifiche individuate dalla possibilità di costruzione di diversi percorsi formativi all'interno della medesima classe.
Pur nella limitatezza delle operazioni di fusione tra classi diverse, il CUN deve tuttavia sottolineare il carattere di indicazione strategica che questa intervento riveste e che potrà essere ulteriormente assunta e ampliata in sede di futura revisione, in quanto in grado di favorire prospettiche e dinamiche forme di trasversalità tra saperi e professionalità, pur permettendo le necessarie specificità, senza subire limitazioni non rispondenti all'attuale evoluzione sociale.
4. Proposte e istituzione di nuove classi
Lo schema originario del DM 509/99 prevedeva 41 classi di laurea. Rispetto alla determinazione in sede nazionale del numero di crediti obbligatori erano definiti in tutto 110 ambiti di formazione disciplinare di base, 115 ambiti disciplinari caratterizzanti le singole classi e 102 ambiti di formazione in discipline affini o integrative. Complessivamente gli allegati al decreto originario individuavano 753 Settori Scientifico Disciplinari per la formazione di base, 874 SSD per quella caratterizzante e 4.441 per gli ambiti affini e integrativi. In totale si faceva dunque riferimento a 6.068 Settori Scientifico Disciplinari. Va notato che in alcune classi si prevedeva che nella formazione affine o integrativa ci fosse soltanto l'indicazione di tutti i Settori Scientifico Disciplinari non elencati fra i caratterizzanti con il rischio di rendere indistinti i settori effettivamente affini o integrativi.
Nelle 40 classi proposte dal CUN sono definiti 109 ambiti disciplinari di base (-1); 178 ambiti disciplinari caratterizzanti (+63) e 93 ambiti affini e integrativi. (-9). Complessivamente i decreti individuerebbero ora 695 Settori Scientifico Disciplinari per la formazione di base (-58), 968 Settori Scientifico Disciplinari per quella caratterizzante (+94) e 3.335 per gli ambiti affini e integrativi (-1.106). In tutto si fa riferimento a 4.998 Settori Scientifico Disciplinari (-1.070). In alcune classi si continua a prevedere che negli affini e integrativi siano inseribili tutti i Settori Scientifico Disciplinari non elencati fra i caratterizzanti, raggruppati in un ambito.
Il CUN ha preso in esame specificamente la proposta avanzata dalle aree competenti di istituzione di due nuove classi relativa al sistema agro-alimentare e disegno industriale. Per quanto riguarda la prima proposta il CUN ritiene che in questa fase sia opportuno che lo sviluppo di specifici corsi di laurea in scienze agro-alimentari avvenga all'interno della classe XX e che la possibilità della costituzione di una classe di primo livello autonoma per le discipline agro-alimentari, per il rilievo scientifico ed economico che questo settore rappresenta nel sistema produttivo italiano debbano essere seriamente valutate dopo la fase di prima applicazione e monitoraggio. Inoltre il CUN prende atto della proposta di istituzione di una classe di laurea in "Discipline dell'igiene e sanità animale" e ritiene che essa debba far parte dell'insieme delle classi dell'area sanitaria.
Per quanto riguarda la seconda proposta il CUN, tenuto conto della rilevanza per la cultura e l'economia italiana del disegno industriale, considerata la grande tradizione che il settore riveste a livello nazionale e internazionale, preso atto del fatto che l'inserimento nell'ambito delle classi attualmente disponibili evidenziava elementi e percorsi scarsamente omogenei e talvolta decisamente contraddittori, ha ritenuto opportuno accogliere la proposta di costituzione di una nuova classe di laurea denominata "Discipline del disegno industriale". Tale classe verrà contrassegnata dal numero d'ordine XXXIX.
III
Proposte di Emendamenti all'articolato
- all'art. 1, comma primo e comma secondo: il numero "41" va sostituito con il numero "40";
- all'art.2, comma primo, dopo le parole: "tipologia di attività formativa" vanno aggiunte le parole: "ad eccezione delle attività caratterizzanti";
- all'art.2 va aggiunto il seguente comma secondo:
"2. Limitatamente alle attività formative caratterizzanti, qualora nell'allegato siano indicati più di tre ambiti disciplinari per ciascuno dei quali non sia stato specificato il numero minimo dei relativi crediti, i regolamenti didattici di ateneo riservano un adeguato numero di crediti ad almeno tre degli ambiti indicati e dispongono eventualmente l'impiego, tra le attività affini o integrative, degli ambiti formativi caratterizzanti non utilizzati.";
- all'art.3, il numero "41" va sostituito con il numero "40";
- dopo l'art. 4 va aggiunto il seguente articolo 4-bis, che riprende (modificato) l'art. 2 dello schema di decreto recante 'Determinazione delle classi delle lauree specialistiche universitarie" trasmesse al CUN in data 13/4/2000:
"Art.4-bis.
"Le strutture didattiche competenti individuano i crediti mancanti e stabiliscono le modalità per il conseguimento della laurea.";
- dopo l'art.6 va aggiunto il seguente articolo 7:
"Art.7.
1. Il MURST assicura agli atenei adeguate risorse finanziarie per la riforma di cui al presente decreto. Ai relativi oneri si provvede mediante imputazione al capitolo di spesa .";
Si allegano le proposte concernenti:
b) classi di lauree;
Il SEGRETARIO
IL PRESIDENTE