Al termine della consultazione, avviata con l'inoltro in data 29 maggio 1998 dello "schema provvisorio" della nota di indirizzo sull'autonomia didattica, il Ministro ha firmato, in data 16 giugno 1998, il testo definitivo della "nota di indirizzo" con le modifiche risultanti dai suggerimenti e dalle osservazioni proposte.
Ai Rettori delle università Ai Direttori degli istituti universitari LORO SEDI |
Prot. n. 1/98
Oggetto: LEGGE 15 MAGGIO 1997, N. 127. AUTONOMIA DIDATTICA.
NOTA DI INDIRIZZO
Le disposizioni in materia universitaria della legge 15 maggio 1997, n.127 (art. 17, commi 95 e ss.) sono finalizzate com'è noto - al compimento dell'autonomia delle università, con specifico riferimento alla loro primaria funzione formativa (autonomia didattica), nel quadro della più generale azione del Governo per il riassetto autonomistico dell'intera organizzazione dello Stato. Obiettivo della riforma è il miglioramento qualitativo dell'istruzione universitaria e delle condizioni complessive di funzionamento dell'università italiana.
Nell'indicata prospettiva, già da alcuni mesi questo Ministero ha diffuso il rapporto finale del gruppo di lavoro ministeriale su "Autonomia didattica e innovazione dei corsi di studio a livello universitario e post-universitario" sul quale si è aperto un ampio confronto, cui hanno partecipato tutte le componenti del mondo universitario, arricchendolo con molteplici osservazioni e suggerimenti.
E' ora necessario intraprendere operativamente la ristrutturazione dei corsi di studio. A tal fine il Ministro invia a tutti gli atenei la presente nota di indirizzo, che segna l'avvio del processo.
Con tale nota si intende consolidare la prassi dell' "avviso preventivo di interpretazione", già utilizzata in altri casi, fornendo informazioni sintetiche sugli obiettivi dei provvedimenti in corso e indicazioni sulle innovazioni immediatamente percorribili.
1. Gli obiettivi della riforma: indicazioni sintetiche
Gli obiettivi dell'autonomia didattica si possono sintetizzare nei seguenti punti:
Il perseguimento degli indicati obiettivi dovrà anche avvenire nel quadro della progressiva armonizzazione del nostro sistema universitario, dei percorsi degli studi e dei relativi titoli con gli indirizzi che vanno emergendo in ambito internazionale - e, segnatamente, comunitario - in relazione sia alla Convenzione di Lisbona, sul riconoscimento dei titoli di studio, sia all'attuazione dell'art. 126 del Trattato di Maastricht e alla connessa costruzione di uno "spazio educativo europeo", previsto dal progetto dell' "Agenda 2000" nel documento "Per un'Europa della conoscenza".
Il processo di riforma trova oggi un nuovo riferimento, coerente con gli enunciati obiettivi, nella dichiarazione congiunta su "L'armonizzazione dell'architettura dei sistemi di istruzione superiore in Europa", sottoscritta a Parigi il 25 maggio scorso dai ministri per l'università di Francia, Germania, Gran Bretagna e Italia, che peraltro imprime un'accelerazione alle iniziative in corso.
La definizione dell'architettura generale del nostro sistema universitario, all'interno del nuovo quadro europeo, costituisce la premessa dei decreti attuativi della legge 127/1997 e sarà oggetto di un'apposita nota di indirizzo, che sarà emanata nei prossimi mesi.
2. I provvedimenti attuativi della riforma: i "decreti di area"
Sulla base del principio cardine dell'autonomia, assunto a fondamento della riforma dalla legge 127/1997, il quadro normativo esistente già offre ampi spazi per procedere al perseguimento degli indicati obiettivi. Tale quadro normativo sarà comunque completato con l'emanazione entro l'anno dei decreti attuativi previsti dall'art. 17, comma 95, della citata legge n. 127, che determineranno sotto forma di "criteri generali" la durata ed i contenuti minimi qualificanti dei diversi corsi di studio e forniranno la base per la definizione, da parte delle università, degli ordinamenti didattici sostitutivi delle attuali "tabelle".
Per quanto attiene alle caratteristiche di tali decreti, si anticipa fin d'ora che, per preminenti ragioni di semplificazione procedurale e di operatività, si procederà all'accorpamento dei corsi di studio in alcune macro-aree (in analogia e coerenza con quanto già decretato in materia di preiscrizioni), con la conseguente emanazione di cinque "decreti di area", corrispondenti di massima ai sottoindicati raggruppamenti (con la precisazione che, stante la finalità pratica degli stessi, non ne può derivare alcuna implicazione in ordine all'autonomia scientifica delle diverse discipline e dei relativi corsi, anche al confine tra più macro-aree):
I decreti, nel definire gli obiettivi formativi di ciascun corso, configureranno i contenuti minimi qualificanti per i singoli curricula, lasciando ampia libertà all'autonoma determinazione degli atenei. Per quanto di competenza di questi ultimi, sarà altresì indicata l'esigenza di confronto delle strutture didattiche con gli studenti, mediante la previsione di apposite commissioni paritetiche, nonché con le regioni e con le parti sociali.
Saranno inoltre incluse le seguenti previsioni di carattere generale:
Oltre ai "criteri generali", che rimarranno quadro di orientamento per ogni ulteriore progetto degli atenei nel prosieguo del processo dell'autonomia didattica, in prima applicazione saranno indicati segnatamente, all'interno di ciascun "decreto di area", quelli relativi ai corsi di studio già previsti dagli ordinamenti didattici vigenti.
3. Innovazioni immediatamente attivabili
La legislazione esistente, finora scarsamente utilizzata, se applicata nel quadro del principio cardine dell'autonomia rende fin d'ora legittimo il ricorso a strumenti di innovazione, relativamente ai quali si forniscono alcune prime indicazioni.
Particolare importanza assume la progressiva adozione del sistema dei crediti didattici, previsti dall'art. 11, comma 2, della legge 341/90, da utilizzare conformemente in tutte le Università, al fine di non frapporre ostacoli alla mobilità degli studenti dall'uno all'altro ateneo e dall'uno all'altro corso di studi all'interno dello stesso ateneo.
A tale riguardo si tengano presenti le seguenti indicazioni:
Definizione generale: il credito è un'unità di misura del "carico di apprendimento", cioè della quantità standard di lavoro che è richiesta agli studenti per svolgere le attività di apprendimento. Si conviene che 1 credito equivalga a 30 ore di attività e che la quantità standard di lavoro che uno studente è in grado di svolgere in un anno sia corrispondente a 60 crediti, pari a 1.800 ore. Ciò vale a dire che lo svolgimento con esito positivo delle attività previste per ciascun anno di corso comporta il conseguimento di 60 crediti da parte dello studente.
Determinazione dei crediti: la struttura didattica responsabile di un corso di studi determina il numero dei crediti associato ad ogni attività didattica organizzata (lezioni, esercitazioni, lavoro sperimentale e pratico, seminari, tirocini, stages, studio guidato, studio individuale, elaborati, tesi e altre attività di formazione), che corrisponde al carico di lavoro standard previsto per lo studente per lo svolgimento di quell'attività. Nel caso in cui la struttura didattica responsabile di un corso di studi riconosca un'attività non organizzata dalla struttura didattica stessa, essa stabilisce anche il numero di crediti che viene attribuito a tale attività ai fini del conseguimento del titolo relativo a quel corso di studi.
Introduzione del sistema: nel nostro ordinamento il sistema dei crediti è stato già previsto dall'articolo 11, comma 2, della legge n. 341/1990; è stato poi adottato, sia pure in forme specifiche, con la nuova tabella del corso di laurea in medicina; è stato infine assunto - nella forma qui indicata - dal recente decreto ministeriale che ha definito i "criteri generali" per il Corso di laurea e la Scuola di specializzazione finalizzati alla formazione degli insegnanti. Per regolamentare la mobilità degli studenti tra le istituzioni universitarie europee è da tempo in uso un sistema di crediti denominato European Credit Transfer System (ECTS). La piena utilizzazione dei crediti per la disciplina degli ordinamenti didattici sarà poi attuata compiutamente, secondo le indicazioni dei decreti d'area.
Possibilità di applicazione immediata: sin d'ora le strutture didattiche responsabili sono abilitate, utilizzando la richiamata disposizione della legge 341, ad attribuire un "peso" in crediti a ciascuna attività didattica prevista dalle tabelle vigenti per il conseguimento di un titolo di studio, ripartendo tra tutte le attività dei singoli anni di corso (lezioni, esercitazioni, lavoro sperimentale e pratico, seminari, tirocini, stages, studio guidato, studio individuale, elaborati, tesi e altre attività di formazione) un numero complessivo di crediti. Il numero complessivo dei crediti occorrenti attualmente per un percorso formativo si ottiene moltiplicando la durata legale in anni del corso di studi per 60.
Crediti maturati in ambito non universitario: nel caso in cui gli studenti abbiano maturato crediti formativi in corsi post-secondari (svolti dopo il conseguimento del diploma di scuola secondaria superiore) presso il sistema scolastico o quello della formazione professionale regionale, gli stessi potranno essere riconosciuti solo a seguito di specifici accordi fra le università e le istituzioni organizzatrici per la loro valutazione ai fini del percorso universitario (come già in atto a seguito di apposite convenzioni fra alcune università e alcune regioni).
Una rilevante possibilità di flessibilizzazione delle attuali tabelle, legittimando le relative deroghe - in conformità a quanto già precisato con la nota ministeriale prot. n. 2402 del 31 ottobre 1996 - può aversi anche da un più diffuso ricorso all'adozione, da parte degli studenti, di piani di studio individuali "orientati" dalle strutture didattiche.
I regolamenti didattici di ateneo, di cui all'articolo 11 della stessa legge 341/90, possono prevedere, ad esempio:
Si coglie l'occasione per informare che è preciso impegno di questo Ministero di provvedere all'approvazione dei regolamenti didattici, o di stralci degli stessi, entro 60 giorni dal loro arrivo, utilizzando a tale scopo anche i nuovi e più brevi termini entro i quali il CUN è chiamato ad esprimere il proprio parere.
Sarà molto importante, ai fini del raggiungimento degli indicati obiettivi, prevedere una maggiore flessibilità nell'utilizzazione dei docenti, anche mediante l'assegnazione di compiti differenziati nell'ambito della programmazione didattica. Peraltro va ricordata l'equivalenza, dal punto di vista dell'assolvimento dei doveri didattici, dell'attività svolta nei corsi di diploma e di laurea nonché nei corsi post-laurea. A tal fine si sottolinea che, per favorire la mobilità interna dei docenti in relazione al più ampio ventaglio di potenzialità formative, va superata la rigidità dello stretto legame del docente alla specifica materia di insegnamento, tenendo conto che l'articolo 12 della legge 341/1990 affida alle strutture didattiche il compito di assicurare "la piena utilizzazione dei professori e dei ricercatori" nei corsi di studio e in tutte le attività integrative previste dalla stessa legge. Poiché la norma in questione non identifica specificamente le "strutture didattiche" richiamate - e ciò proprio al fine di promuovere una maggiore flessibilità organizzativa - si deve intendere che sia pertanto consentita alla potestà statuaria dei singoli atenei l'individuazione o la creazione ex novo di organi di gestione didattica, anche sostitutivi di quelli esistenti, con potere programmatorio e decisionale, che operino concretamente per l'ottimizzazione delle risorse docenti di cui l'ateneo dispone.
Ai sensi dei commi 1 e 2 dell'art. 15 della legge 341/90, i compiti didattici sono assegnati ad ogni professore o ricercatore dalla competente struttura didattica, sentito l'interessato, nel rispetto del settore scientifico-disciplinare di inquadramento, della libertà d'insegnamento e delle specifiche competenze scientifiche. In base al comma 3 dell'art.15 della legge 341/90, esclusivamente per i professori in servizio alla data di entrata in vigore della legge, è necessario il consenso dell'interessato qualora tra i compiti didattici non sia ricompresa la responsabilità didattica del corso impartito alla medesima data di entrata in vigore della legge.
Particolare importanza assume la facoltà riconosciuta agli atenei dall'art. 16, comma 6, del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 80 di destinare apposite risorse "per l'incentivazione dell'impegno didattico dei professori e ricercatori universitari, con particolare riferimento al sostegno dell'innovazione didattica, delle attività di orientamento e tutorato, della diversificazione dell'offerta formativa".
Si coglie infine l'occasione per ribadire che i bandi per concorso e per trasferimento debbono essere effettuati con riferimento ai settori scientifico-disciplinari e non alle singole discipline.
4. Sperimentazione di corsi di nuovo tipo
Sono autorizzate le proposte modificative degli ordinamenti degli studi, nel quadro dell'ordinamento didattico vigente, a suo tempo presentate dalle università e per le quali non sia tuttora pervenuto l'assenso ministeriale.
Si autorizza la prosecuzione della sperimentazione per i corsi per i quali non sussistano ordinamenti didattici vigenti, ove attivati per l'anno accademico 1997/98 per effetto ed in conformità della nota di indirizzo ministeriale prot. n. 2079 del 5 agosto 1997.
In attesa degli ulteriori provvedimenti attuativi dell'autonomia didattica è eccezionalmente autorizzata, limitatamente all'anno accademico 1998-99, l'attivazione - con riserva di successiva verifica e adeguamento in base agli emanandi "decreti di area" - di corsi di nuova istituzione per i quali non sussistano ordinamenti didattici vigenti, purché risulti acquisito il parere favorevole del Comitato universitario regionale di coordinamento, di cui all'articolo 3 del DPR 27 gennaio 1998, n. 25.
Roma, 16 giugno 1998
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IL MINISTRO |