Trasmesso ai Presidenti dei due Rami del Parlamento per i prescritti pareri in data 6 settembre 1999
RELAZIONE
La legge 15 maggio 1997, n. 127 all'articolo 17, comma 95, ha innovato profondamente la materia degli ordinamenti degli studi dei corsi universitari. In base alla citata disposizione l'ordinamento dovrà adesso essere disciplinato dagli atenei, attraverso modifiche dei regolamenti didattici di ateneo e dei regolamenti dei corsi di studio (di cui all'articolo 11, commi 1 e 2 della legge 19 novembre 1990, n. 341), in conformità a criteri generali definiti, nel rispetto della normativa comunitaria vigente in materia, con uno o più decreti del Ministro dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica, di concerto con altri Ministri interessati (limitatamente ai criteri relativi agli ordinamenti per i quali il medesimo concerto è previsto alla data di entrata in vigore della legge n. 127, ovvero da disposizioni della legge medesima).
La legge 14 gennaio 1999, n. 4, all'articolo 1, comma 15, ha quindi integralmente sostituito la lettera a) del comma 95, ove si prevedeva che i decreti del Ministro dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica determinassero altresì la durata, il numero minimo di annualità e i contenuti minimi qualificanti per ciascun corso, con riferimento ai settori scientifico- disciplinari. Nella riformulazione della lettera a) operata dal comma 15, dell'articolo 1 della citata legge n. 4 del 1999, si è notevolmente ampliata la portata della riforma degli ordinamenti didattici universitari, anche in considerazione dell'opportunità di una armonizzazione degli studi universitari in ambito europeo. La nuova disposizione consente infatti ai decreti del Ministro dell'università di determinare, con riferimento ai corsi di studio universitari, accorpati per aree omogenee, la durata (anche in deroga a quelle previste dalla legge n. 341) eventualmente comprensiva del percorso formativo già svolto, l'eventuale serialità dei corsi universitari e dei titoli, gli obiettivi formativi qualificanti tenendo conto degli sbocchi occupazionali e della spendibilità a livello internazionale, nonchè la previsione di nuove tipologie di titoli rilasciati dalle università, in aggiunta o in sostituzione a quelli determinati dall'articolo 1 della legge 19 novembre 1990, n. 341, in corrispondenza di attività didattiche di base, specialistiche, di perfezionamento scientifico, di alta formazione permanente e ricorrente. Si ritiene che tale disposizione, consentendo la determinazione di "nuove tipologie di titoli" anche in sostituzione di quelli di cui all'articolo 1 della legge n. 341/90, abbia anche implicitamente modificato il capoverso del comma 95, laddove l'autonomia didattica si poteva configurare esclusivamente rispetto ai corsi di cui agli articoli 2,3 e 4 della legge n. 341 (diploma universitario, laurea e specializzazione). Infatti, poiché ora la legge n. 4 consente l'istituzione di nuovi titoli in sostituzione di quelli di cui all'articolo 1 della legge n. 341 (in relazione ad attività didattiche - e quindi a corsi - ad essi corrispondenti), si ritiene che anche i corsi debbano essere ridefiniti, operando il limite del capoverso solo con riferimento al mantenimento obbligatorio di tre diverse tipologie e livelli dei titoli (oltre al dottorato di ricerca).
Il predetto comma 95 dell'articolo 17 della legge n. 127 del 1997 attribuisce altresì ai decreti del Ministro dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica il compito di determinare modalità e strumenti per l'orientamento e per favorire la mobilità degli studenti, nonchè la più ampia informazione sugli ordinamenti degli studi, anche attraverso l'utilizzo di strumenti informatici e telematici (per questa parte la legge n. 127 del 1997 non è stata modificata dalla legge n. 4 del 1999).
Il lavoro di attuazione delle predette disposizioni ha tenuto conto, oltrechè di un'ampia consultazione e dell'impegno di appositi gruppi di lavoro di esperti, della dichiarazione congiunta sull'armonizzazione dell'architettura dei sistemi di istruzione superiore in Europa da parte dei Ministri di Francia, Germania, Gran Bretagna e Italia del 25.5.1998, nonché della dichiarazione congiunta sullo spazio europeo dell’istruzione superiore da parte dei Ministri europei dell’istruzione superiore del 19 giugno 1999 (tali dichiarazioni si allegano).
In sede di attuazione delle citate disposizioni questa Amministrazione ha ritenuto di dover isolare, nell'ambito delle materie da trattare con decreto del Ministro, alcune disposizioni di carattere generale valide per tutti i corsi universitari, anche allo scopo di determinare un quadro generale di riferimento nel quale possano inserirsi i decreti contenenti criteri più specifici da riferirsi ad apposite aree omogenee dei corsi di studio. In tal senso l'atto in oggetto assume per questa Amministrazione natura regolamentare, mentre i decreti relativi ai contenuti specifici per le apposite aree mantengono la loro natura di atto amministrativo generale. Su atti regolamentari analoghi, concernenti l'ordinamento dei corsi di dottorato di ricerca e i professori a contratto, si rinvia ai pareri del Consiglio di Stato rispettivamente n. 34/99 dell'1/3/1999 e 97/97 del 22/12/97 (in quest'ultimo si è delineato un potere regolamentare speciale per l'attuazione dell'autonomia universitaria).
In particolare, la materia che, ad avviso di questa Amministrazione, richiede un atto regolamentare concerne la determinazione dei nuovi titoli, in sostituzione di quelli previsti dall'articolo 1 della legge n. 341 del 1990, la durata dei relativi corsi, gli strumenti per la determinazione del lavoro di apprendimento degli studenti e per assicurare la loro mobilità, il meccanismo di integrazione tra i criteri generali dei corsi e l'autonomia delle università nel determinarne la denominazione, la serialità dei titoli universitari e dei corsi e quindi i requisiti di ammissione e di conseguimento dei titoli, nonchè alcune norme di specificazione delle disposizioni di cui all'articolo 11, commi 1 e 2, della legge n. 341 del 1990 al fine di chiarire l'ambito rispettivamente dei regolamenti didattici di ateneo, dei regolamenti dei corsi di studio, anche per evidenziare quali aspetti degli ordinamenti didattici debbano essere ricompresi nel primo strumento e quali invece nel secondo (in considerazione del fatto che solo le modifiche dei regolamenti didattici di ateneo sono sottoposte all'approvazione del MURST).
Il regolamento ha altresì, come norma presupposta, la direttiva CEE del 21 dicembre 1988, relativa ad un sistema generale di riconoscimento dei diplomi di istruzione superiore (89/48/CEE) nell'ambito della quale si disponeva, tra l'altro, che uno Stato membro non può negare l'accesso ad attività professionali a cittadini di altro Stato membro i quali, oltre ad avere esercitato la professione per alcuni anni, avessero seguito con successo un ciclo di studi post-secondari di durata minima di tre anni- oppure di durata equivalente a tempo parziale, in un'università o un istituto di istruzione superiore (il testo infatti, allo scopo di non penalizzare ulteriormente i laureati in Italia, riduce a tre anni la durata del corso di primo livello).
Costituiscono aspetti fondamentali del regolamento:
- l’articolazione dei corsi e dei titoli universitari in una laurea di primo livello triennale e in una laurea specialistica di secondo livello (mantenendosi il corso di diploma di specializzazione solo in ben determinati casi);
- la generalizzazione del sistema dei crediti formativi universitari come modalità di misurazione e di programmazione dello studio universitario;
- la disciplina dell’autonomia didattica degli atenei nel denominare e articolare i corsi di studio e nella determinazione degli ordinamenti didattici;
- una più precisa indicazione dei contenuti principali dei regolamenti didattici di ateneo e dei regolamenti dei corsi di studio;
Tali aspetti fondamentali, illustrati nel dettaglio in sede di analisi del contenuto degli articoli, sono finalizzati ai seguenti obiettivi:
- l’autonomia didattica delle università (da cui la denominazione stessa della riforma), quale completamento del disegno autonomistico, dopo l’avvenuto riconoscimento agli atenei dell’autonomia statutaria, regolamentare, organizzativa, finanziaria e contabile;
- l’ampliamento, la diversificazione e la flessibilizzazione dell’offerta di istruzione universitaria;
- la qualificazione dei corsi di studio e il miglioramento della didattica, anche mediante la competizione tra gli atenei e la previsione di un efficiente sistema nazionale di valutazione e di incentivazione qualitativa delle strutture didattiche;
- la riduzione dei tempi effettivamente necessari per il conseguimento dei titoli di studio, mediante l’adozione di misure che facciano coincidere la durata reale con la durata legale dei corsi;
- un’efficace correlazione degli obiettivi formativi dei corsi e della connessa articolazione dei cicli degli studi universitari con la struttura dei saperi, delle competenze e delle professionalità richieste dal sistema socio-culturale e produttivo, nonché con le linee evolutive e le nuove opportunità del mercato del lavoro (società dell’informazione, “lavoratori della conoscenza”, ecc.);
- la definizione di criteri, regole e procedure che diano alle università - e, quindi, al sistema nel suo insieme - la possibilità di adeguare costantemente, senza barriere burocratiche, l’impostazione dei corsi di studio all’evoluzione della domanda sociale di formazione e ai mutamenti del sistema produttivo e del mercato del lavoro, conformandola altresì alle specifiche linee di ricerca e di didattica perseguite nel tempo dai singoli atenei;
- la convergenza dell’architettura del sistema italiano di istruzione universitaria con l’obiettivo della costruzione, entro il primo decennio del 2000, di uno spazio europeo dell’istruzione superiore, articolato essenzialmente su due cicli o livelli principali di studio e finalizzato a realizzare la mobilità degli studenti, dei professori e dei ricercatori e la libera circolazione dei titoli di studio e delle professionalità, accrescendo nel contempo la comune capacità di affrontare positivamente la competizione internazionale dei sistemi educativi.
L'atto tiene conto degli allegati pareri del CUN e della CRUI, come specificato nel commento ai singoli articoli.
Nel dettaglio il presente regolamento, nella versione sottoposta al parere Consiglio di Stato prevedeva:
- all'articolo 1 le necessarie definizioni al fine di una più agevole lettura e comprensione del testo;
- all'articolo 2 le finalità e l'oggetto specifico dell'atto regolamentare;
- all'articolo 3 i nuovi titoli e i nuovi corsi oggetto della riforma. In particolare si prevedeva in una prima stesura l'istituzione di un diploma di laurea quale titolo universitario di primo livello e di un diploma di dottorato, quale titolo universitario di secondo livello. Conseguentemente si rideterminavano le qualifiche accademiche e si prevedeva che si conseguissero al termine rispettivamente di corsi di laurea e di dottorato, restando invariati il diploma di specializzazione e il diploma di dottorato di ricerca da conseguire al termine dei corsi omonimi. In relazione ad osservazioni del CUN e della CRUI sull'opportunità di una più attenta configurazione e più adeguata denominazione dei titoli e dei corsi, si è provveduto (anche al fine di una maggiore aderenza al dettato della legge n. 4 del 1999) a ridenominare i titoli di primo e di secondo livello (laurea e laurea specialistica) e a puntualizzare meglio gli obiettivi dei corsi di laurea, laurea specialistica, di specializzazione. Inoltre è stata espunta la norma sul titolo accademico personale in quanto foriera di equivoci e probabilmente non rientrante nell'oggetto del regolamento. Viene altresì introdotto il titolo di master universitario in relazione a corsi di alta formazione permanente e ricorrente, in applicazione di altra disposizione contenuta nella legge n.4 del 1999. Per quanto riguarda la disciplina dei corsi di dottorato di ricerca e il conseguimento del titolo, si rinvia al regolamento applicativo dell'articolo 4 della legge 3 luglio 1998, n. 210;
- all'articolo 4 il concetto di classe di appartenenza dei corsi di studio, che costituisce la modalità di integrazione tra la spendibilità di un titolo a livello nazionale e l'autonomia delle università nella denominazione dei corsi. Al riguardo si specifica che una classe di corsi di studio è costituita da tutti corsi dello stesso livello (accogliendo una proposta della CRUI) che hanno gli stessi obiettivi formativi qualificanti e le stesse attività formative indispensabili definite all’articolo 10. I titoli conseguiti al termine dei corsi di studio appartenenti alla stessa classe hanno i medesimi effetti di legge Si prevede altresì una apposita procedura per l’aggiornamento delle classi fondate nelle proposte delle università;
- all'articolo 5 i crediti formativi universitari, che costituiscono la nuova unità di misura dei corsi universitari in termini di lavoro di apprendimento richiesto ad uno studente nelle attività formative previste dagli ordinamenti didattici dei corsi di studio, ivi compreso lo studio individuale. Tale istituto, introdotto per la prima volta nell'ordinamento universitario dall'articolo 11, comma 2, della legge n. 341 del 1990 costituisce altresì uno strumento fondamentale per favorire la mobilità degli studenti sia sul piano interno che su quello internazionale, sulla base del fatto che esso è disciplinato nel Sistema europeo di trasferimento di crediti accademici (ECTS) adottato nell'ambito dei programmi comunitari volti a favorire la circolazione degli studenti nell'Unione europea. In sede di articolo 5 sono quindi dettate disposizioni generali in materia di ore di lavoro corrispondenti a un credito, di impegno orario che deve essere riservato allo studio individuale o ad altre attività formative di tipo individuale, di acquisizione del credito corrispondente a ciascuna attività formativa da parte dello studente (superamento dell'esame o altra forma di verifica del profitto), di riconoscimento totale o parziale dei crediti ai fini del conseguimento di altri titoli di studio nella stessa o in altra università, ovvero in attività formative non universitarie. In relazione ad un osservazione della CRUI si è ampliata dal 10 al 20 per cento la banda di oscillazione nell'ambito della quale i decreti d'area possono determinare variazioni al numero di ore di lavoro dello studente per credito, in relazione a specifiche esigenze delle diverse aree scientifiche. Con riferimento poi ad osservazioni del CUN circa l'opportunità di norme più esplicite sul fenomeno dei fuori corso, si è ritenuto di dare la possibilità ai regolamenti didattici di ateneo di stabilire il numero minimo di crediti da acquisire da parte dello studente in tempi predeterminati;
- all'articolo 6 i requisiti di ammissione ai corsi universitari, stabilendo tra l'altro il principio che, per essere ammessi ad un corso di laurea specialistica, occorre essere in possesso della laurea (da intendersi come titolo universitario di primo livello triennale). In particolare si prevede l’ammissione al corso di laurea specialistica con il possesso del diploma di laurea, salvo che per quei corsi per i quali la normativa comunitaria non preveda titoli universitari di primo livello (per questi ultimi l’accesso avverrà con il solo diploma di scuola secondaria superiore);
- all'articolo 7 il numero dei crediti che occorre per conseguire la laurea, la laurea specialistica, il diploma di specializzazione. Per il conseguimento della laurea i crediti sono comprensivi di quelli necessari alla conoscenza obbligatoria di una lingua dell’Unione Europea oltre all’italiano (accogliendo al riguardo un'osservazione della CRUI);
- all'articolo 8 la durata standard dei corsi di studio al fine della programmazione delle attività formative;
- all'articolo 9, in materia di attivazione dei corsi di studio, le garanzie per gli studenti iscritti, disponendo tra l'altro che una università possa istituire un corso di laurea specialistica a condizione di avere attivato un corso di laurea comprendente almeno un curriculum i cui crediti formativi universitari siano integralmente riconosciuti per il corso di laurea specialistica (sulla base di una specifica convenzione tra gli atenei interessati, il corso di laurea può essere attivato anche presso una altra università), con le eccezioni previste per i corsi di studio regolati da normative dell'Unione Europea che non prevedano, per tali corsi, titoli universitari di primo livello (es. settore sanitario);
- all’articolo 10 le disposizioni generali per i decreti che disciplinano le diverse classi, disponendo in primo luogo l'individuazione per ciascuna classe di corsi di studio, degli obiettivi formativi qualificanti, e quindi le attività formative indispensabili per conseguirli, distinguendo sei tipologie di attività formative per le quali i decreti di area per ciascuna classe di corsi di studio dovranno determinare il numero minimo di crediti da riservare. Sono determinati altresì alcuni valori soglia per tali numeri minimi in relazione alle diverse tipologie di attività formative (in particolare si prevede che la somma totale dei crediti riservati non potrà essere superiore al 66 per cento; è pertanto lasciata all'autonomia degli atenei la determinazione pienamente discrezionale del 34 per cento dei crediti relativi all'ordinamento didattico di qualsiasi corso di studio, mentre i decreti stabiliranno ambiti più o meno ampi di discrezionalità nei contenuti specifici del restante 66 per cento);
- all'articolo 11 la specificazione, rispetto alle disposizioni contenute nell'articolo11, commi 1 e 2, della legge n. 341 del 1990, dei contenuti necessari dell'ordinamento didattico, da disciplinare in sede di regolamento didattico di ateneo, nonchè gli aspetti generali dei predetti regolamenti con riferimento agli elementi di organizzazione dell'attività didattica comuni ai corsi di studio (si prevede tra l'altro che le università rilascino, come supplemento al diploma di ogni titolo di studio, un certificato che riporti, secondo modelli conformi agli standard europei, le principali indicazioni relative al curriculum specifico seguito dallo studente per conseguire il titolo). E’ previsto altresì il rilascio di titoli di studio congiuntamente tra università italiane e non italiane. Sulla base di un'osservazione del CUN, è stato espunto il riferimento alla certificazione rispetto alle esigenze del mondo del lavoro;
- all'articolo 12 le disposizioni generali circa i contenuti dei regolamenti didattici dei corsi di studio di cui all'articolo 11, comma 2, della legge 19 novembre 1990, n. 341. Si prevede tra l'altro che le disposizioni in essi previste e concernenti la coerenza tra i crediti assegnati alle attività formative e gli specifici obiettivi formativi programmati - in connessione alla determinazione della stima del lavoro di apprendimento richiesto per gli specifici contenuti oggetto delle attività formative e comunque assegnati agli studenti ai fini dell'esame - siano deliberate entro un termine prefissato dalle competenti strutture didattiche con il parere favorevole di commissioni didattiche paritetiche o di analoghe strutture di rappresentanza studentesca. Qualora il parere non sia favorevole, la deliberazione sulle relative disposizioni è rimessa al senato accademico;
- all'articolo 13 (ora le norme sono rifuse negli articolo 3 e 6) la limitazione nell'istituzione di nuovi corsi di specializzazione, tenendo conto del fatto che le esigenze di formazione specialistiche sono prevalentemente assorbite dalla formazione di secondo livello (corso di laurea specialistica) . Si prevede pertanto di limitare l'istituzione di corsi di specializzazione esclusivamente ai casi di applicazione di specifiche norme di legge o di direttive dell'Unione europea. Si dettano altresì norme per l’ammissione ai corsi di specializzazione e per il riconoscimento di crediti formativi ai fini del conferimento del titolo di laurea specialistica;
- all'articolo 14 le necessarie disposizioni transitorie per assicurare il passaggio dal vecchio al nuovo ordinamento, anche tenendo presente le disposizioni di cui all'articolo 1, comma 15, lettera b) della legge 14 gennaio 1999, n. 4, in relazione a corsi universitari attivati tra la data di entrata in vigore della legge n. 127 del 1997 e l'entrata in vigore della predetta legge n. 4, che ha sanato gli effetti di atti e deliberazioni delle università adottate in tale arco temporale.
In relazione ad altri rilievi contenuti nei pareri del CUN e della CRUI e riferiti principalmente al testo si fa presente che:
- la materia del dottorato di ricerca è disciplinata dall'articolo 4 della legge n. 210 del 1998 e dal relativo regolamento (D.M. 30 aprile 1999, n. 224) e appare quindi opportuno in questa sede solo un mero rinvio;
- si ritiene non praticabile in questa fase, senza una normativa comunitaria, definire una tabella di conversione della valutazione del profitto in un sistema di accreditamento accettato a livello europeo;
- i requisiti per l'istituzione dei corsi di studio sono disciplinati dalle norme sulla programmazione universitaria;
- il concetto di classe di corsi di studio dello stesso livello appare l'unico strumento in grado di conciliare l'autonomia didattica degli atenei (che non può non comportare anche il potere di denominazione dei corsi) e la riconoscibilità del corso attraverso il legame degli obiettivi formativi qualificanti;
- quanto al valore dei nuovi titoli, si fa presente che il disegno di legge del Governo n. 5924 reca l'estensione delle disposizioni circa l'accesso ad attività professionali e pubblico impiego già previste per i titoli di cui alla legge n. 341/90;
- con riferimento al problema dei rapporti con il sistema della formazione a livello post-secondario appare utile fare riferimento al regolamento (in fase di emanazione) in applicazione dell'articolo 17 della legge 196/97 e all'articolo 69 della legge 17 maggio 1999, n. 144 in materia di formazione tecnica superiore;
- per quanto concerne la questione dei master, si ritiene rimangano disciplinati come corsi di perfezionamento ai sensi dell'articolo 6 della legge n. 341 del 1990;
- con riferimento alle osservazioni del CUN all'articolo 10, l'articolazione in sei tipologie distinte appare un orientamento opportuno per i successivi decreti ministeriali, al fine di garantire una formazione armonica e completa (peraltro, nel comma 3 dell'articolo 10 vi è anche una considerazione congiunta del peso di tali tipologie).
Il testo è stato così riveduto alla luce delle osservazioni contenute nel parere del Consiglio di Stato:
- all’articolo 1 si sono effettuate le modifiche formali richieste e si è espunta dal testo l’espressione “decreti d’area” ritenuta ambigua (cfr. osservazione all’articolo 4, comma 2) sostituita dalla definizione di “decreto o decreti ministeriali” che fa riferimento a quei decreti di natura non regolamentare previsti dall’articolo 17, comma 95, della legge 15 maggio 1997, n. 127;
- all’articolo 3, si sono modificati gli obiettivi del corso di laurea e del corso di laurea specialistica e al comma 6 si è chiarito che il riferimento alla legge e alla direttiva dell’Unione Europea ha rilievo per il corso di specializzazione esclusivamente ai fini della sua istituzione. Si è ritenuto invece di mantenere la parola master universitario in quanto ormai accolta nell’uso. Si è infine inserita una disposizione specifica relativa al rilascio congiunto dei titoli da parte di più università, anche straniere (cfr. osservazione all’articolo 11, comma 6- ora comma 7);
- all’articolo 4, si è mantenuta la definizione delle classi di corsi di studio, in quanto adeguatamente esplicitata con riferimento agli obiettivi formativi qualificanti e alle conseguenti attività formative indispensabili, e si è corretto formalmente il comma 3;
- all’articolo 5, commi 1 e 2, si è sostanzialmente accolta la formulazione proposta dal Consiglio di Stato, sia pure reinserendo al comma 1 la specificazione di “studenti in possesso di adeguata preparazione iniziale”;
- all’articolo 6, si è chiarito che in sede di ammissione ai corsi di studio, l’università (così come prevede tuttora l’articolo 332 del R.D. 31 agosto 1933, n.1592) valuta l’idoneità allo scopo dei titoli di studio conseguiti all’estero. Al comma 4 sono state inserite disposizioni contenute nell’articolo 13, relative ai corsi di specializzazione, ora soppresso;
- all’articolo 8, comma 1, si è semplificata la definizione della durata standard dei corsi di studio;
- all’articolo 9 non è stato modificato, in quanto l’eccezione di cui al comma 3 riguarda tutti i corsi per i quali le normative dell’Unione Europea non prevedono titoli universitari di primo livello;
- non si sono apportate modifiche all’articolo 10 (salvo il mutamento delle definizioni), frutto di una attenta valutazione nel merito;
- all’articolo 11 si sono accolte le modifiche formali relative ai commi 1 e 2 e la ricollocazione del comma 8;
- all’articolo 12, si è riformulato il comma 3 preferendo indicare separatamente la procedura conseguente all’esito del parere o rispetto a quella relativa ai tempi di espressione e alla inutile scadenza del termine finale;
- si è soppresso l’articolo 13, con disposizioni rifluite negli articoli 3 e 6;
- all’articolo 13 (già 14) è stato riformulato esclusivamente da un punto di vista formale il comma 1.
Va infine rilevato che, in applicazione dell’articolo 4, comma 2, della legge 2 agosto 1999, n., 264, in materia di accessi ai corsi universitari (che è entrata in vigore nel frattempo) sono state apportate opportune integrazione all’articolo 6, commi 1, 2 e 3 e all’articolo 11, comma 7. Si prevede pertanto che le università (coerentemente anche con la definizione di credito formativo universitario) richiedano, per l’ammissione a corsi di laurea per i quali non si applichi il numero programmato, un’adeguata preparazione iniziale, da ottenere con requisiti curricolari o da verificare con specifiche prove (in tal caso organizzando, anche in collaborazione con gli istituti di istruzione secondaria superiore, attività formative propedeutiche).
Per l’ammissione ai corsi di laurea specialistica occorre il possesso di requisiti curricolari o di profitto ovvero, in assenza dei predetti requisiti, il superamento di specifiche prove volte ad accertare un’adeguata preparazione iniziale. Sono quindi previste disposizioni di coordinamento al comma 3 dell’articolo 6 e la previsione delle necessarie attività e procedure da parte dei regolamenti didattici di ateneo (all’articolo 11, comma 7).