L'ampio uso improprio che si è fatto della definizione di "visione 3D", identificata con la semplice prospettiva di un oggetto, rende indispensabile l'aggiunta della parola "stereo" proprio per ricordare che "3D stereo" sta per "tridimensionale", cioè possibilità di rilevare le tre dimensioni (larghezza, altezza e profondità) dell'immagine osservata.
Già nella relazione introduttiva del convegno del 1978 e nei filmati presentati al convegno nazionale di fotogrammetria architettonica del 1986, sono stati evidenziati i rischi dell'uso della semplice immagine fotografica, che, oltre alle illusioni ottiche, ha avuto come conseguenza la diffusioni di tecniche e software di dubbia utilità.
Dopo la restituzione prospettica, i cui limiti si evidenziano facilmente nella "prospettiva accelerata", si sono moltiplicati i software cha hanno dato l'illusione, ai meno esperti d'informatica, di ricavare informazioni metriche da un solo fotogramma, ottenuto, per giunta, con una comune camera fotografica.
Nel caso della modellazione, in particolare, è impensablie modellare un oggetto con la semplice rappresentazione piana, così come è difficile immaginare un artigiano che preferisce bendarsi un occhio prima di mettersi al lavoro.
La modellazione stereometrica richiede semplicemente:
- l'applicazione di uno stereoscopio sul monitor;
- la realizzazione di una stereocamera virtuale, cioè l'utilizzo di due telecamere affiancate nel programma di modellazione;
- la visualizzazione delle immagini riprese in due finestre separate, in modo che vengano viste separatamente tramite lo stereoscopio;
- un allenamento non molto diverso da quello richiesto per imparare a suonare il pianoforte.