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Chiesa cattolica > Il sacerdozio nel medioevo > Il parroco pastore di anime

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1 A ciascuno la sua Chiesa.

1.1 Il prete in cura d'anime.
1.2 Il prete di città e i frati.
1.3 Il prete di campagna.

Bibliografia

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1.1 Il prete in cura d'anime. Il clima religioso in cui uomini e donne vivono dopo le ansie millenariste è molto particolare, soprattutto nelle (grandi) città in rinascita.
La battaglia per la riforma del clero, ritenuto nel suo insieme simoniaco e concubinario, perché avvezzo a comperare le cariche ecclesiastiche e a convivere more uxorio con la donna, è molto accesa.
Per converso, si delinea in positivo la figura del prete degno, che deve adeguarsi al modello monastico nella sua verginità e porsi all'altezza di mediatore della grazia sacramentale con il suo stile di vita. Presso le chiese si istituiscono le canoniche, compagnie di chierici che vivono in comune offrendo alla popolazione il servizio di culto, tentando di riproporre l'esempio di Sant'Agostino, che da vescovo visse e operò in comunità con un nucleo di chierici, secondo un modello simile a quello monastico.
Ma nella pur aspra polemica religiosa di quegli anni, che idealizza la figura del prete separato dal mondo, il modello di chiesa vincente post-gregoriano esalta il ruolo del prete pastore di anime. Il sacerdote è sì indispensabile mediatore di salvezza, in quanto depositario per legge divina dell'amministrazione dei sacramenti, ed è anche tramite della grazia divina, ma ciò avviene solo ex opere operato, ovvero attraverso gli stessi sacramenti e non per i meriti o l'adeguatezza morale del prete.
Dalla cattedrale alla parrocchia

Secondo l'antico ordinamento ecclesiastico, nelle città la cattedrale è la chiesa del vescovo, madre di tutte le chiese, depositaria unica dell'amministrazione dei sacramenti.

Analogamente nelle campagne le pievi sono centri di servizio religioso, dotati di un certo numero di preti e chierici, ai quali è affidata la vita sacramentale delle popolazioni di determinati territori.

A più limitate funzioni di culto presiedono oratori e cappelle legati alla devozione dei fedeli.

Solo a partire dal X-XI secolo si avvia il trasferimento delle più importanti funzioni sacramentali - in particolare del Battesimo - nelle chiese minori.

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1.2 Il prete di città e i frati. La crescita demografica dei secoli XII e XIII, unita alla accresciuta mobilità delle persone, porta ad intensificare la domanda religiosa e a moltiplicare i luoghi dove soddisfarla. Le chiese di nuova fondazione e quelle già esistenti si arricchiscono di prerogative più propriamente parrocchiali, tanto nelle campagne quanto nei suburbi a ridosso delle mura urbane.
Accade spesso che uomini e donne, dopo aver costruito la propria casa sui terreni degli enti monastici di cui sono fittavoli, anche se di diritto appartengono a una chiesa parrocchiale più lontana dal loro focolare, avvertono come «propria» la chiesa monastica più vicina. Lì assistono alle celebrazioni festive, lì ricevono i sacramenti e la benedizione nei matrimoni. Riuniti in confraternite con l'obiettivo di tenere alto il decoro dell'edificio sacro, ottengono il diritto ad essere sepolti nel cimitero dei monaci.
E se la domanda dei fedeli si indirizza verso la parrocchia come punto fermo della pratica religiosa, la curia romana va nella stessa direzione. Il concilio Laterano IV (1215) sancisce per ogni cristiano l'obbligo della comunione e della confessione annuali dal proprius sacerdos, cioè dal parroco. Con l'evidente obiettivo di controllare la condotta sacramentale dei fedeli, l'offerta religiosa sarà così imperniata per i secoli a venire sull'amministrazione dei sacramenti e sui riti connessi.
Ciò nonostante si produce uno scarto fra intenzioni e pratica religiosa. Capaci di soddisfare meglio la domanda religiosa dei cittadini della cristianità si rivelano i nascenti ordini religiosi mendicanti. Sia i frati minori sia i frati predicatori predicano in modo efficace e comprensibile, acquisendo oltretutto una grande competenza di direttori spirituali attraverso la confessione sacramentale.
I preti provenienti dalle fila del clero secolare, provvisti del beneficio parrocchiale nelle forme più diverse e spesso occasionali, predicano poco e male, magari non conoscendo la lingua del luogo in quanto forestieri; altrettanto poco conoscono l'arte di confessare.
Dalla crisi del sistema parrocchiale tradizionale, tra inevitabili conflitti e salutari collaborazioni si definisce una sostanziale divisione del lavoro spirituale:
  1. predicazione e direzione delle anime per gli ordini religiosi mendicanti;
  2. amministrazione dei sacramenti per i preti.
I fedeli godono dei benefici effetti della concorrenza, potendo in qualche modo scegliere tra le prestazioni del parroco, dei frati, dei cappellani salariati degli oratori delle loro confraternite, del clero preposto all'officiatura delle cattedrali.
E nelle cattedrali possono godere anche della presenza dei canonici e del vescovo, in occasione delle grandi liturgie del tempo pasquale o delle festività più importanti, regolate con cura e ricche di elementi spettacolari.

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1.3 Il prete di campagna. Nei paesi e nei villaggi rurali le cose stanno diversamente. Qui il prete è quasi sempre l'unico referente religioso della popolazione locale, almeno fino a quando gli ordini mendicanti - Minori, Predicatori, ma anche Eremitani di Sant'Agostino, Carmelitani, Servi di Maria - non intraprenderanno la politica di penetrazione nelle campagne.
Il parroco è più compagno di viaggio della gente che superiore dei suoi fedeli, più simile che diverso dal suo gregge. Le richieste delle popolazioni rurali si conoscono con più precisione solo quando, tra XIV e XV secolo, i vescovi e i loro delegati si recano personalmente in visita nelle pievi delle loro diocesi.
Mettendo a confronto la domanda e l'offerta religiosa locali e analizzando le direttive pastorali delle gerarchie ecclesiastiche si possono evidenziare le poche cose che i contadini chiedono ai loro parroci:
  1. di risiedere con una certa stabilità, in maniera da assicurare il conforto religioso soprattutto in prossimità della morte;
  2. di celebrare correttamente la Messa;
  3. di non violare le leggi della convivenza insidiando le donne o provocando risse;
  4. di tenere bene la chiesa e il suo patrimonio.
In poche parole si chiede al «funzionario del sacro» una piena immersione nei ritmi della vita contadina. L'adesione al vincolo comunitario paesano ha il suo culmine nella celebrazione del convivium, il banchetto tradizionale che riuniva annualmente prete e uomini del villaggio.


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Ultimo aggiornamento:
2 Aprile 2001