A partire dal secolo XI il disciplinamento di questo itinerario fu oggetto importante della legislazione conciliare, che mirò ad una sempre più netta separazione della figura dell'ecclesiastico da quella del laico. Il quadro normativo che si costituì è rimasto sostanzialmente invariato fino al concilio di Trento. La tonsura consisteva nella rasatura circolare di una parte dei capelli, indicazione di diversità e di rinuncia al mondo. Tale segno visivo e immediato dello stato di non-laico non tracciava però un vero e proprio confine, ma solo uno stato intermedio: per essere inseriti appieno nell'ordine ecclesiastico era necessario essere promossi a più alti gradi, i cosiddetti ordini minori e maggiori. Le norme del diritto canonico e la tradizione stabilivano luoghi e tempi precisi per le ordinazioni. Se la tonsura poteva aver luogo in qualsiasi giorno, per gli ordini minori si preferivano i giorni festivi e per quelli maggiori i sabato delle tempora stagionali - i quattro periodi di digiuno e preghiera all'inizio di ogni stagione dell'anno fin dall'antichità -, e i due sabato antecedenti la domenica di Passione e la Pasqua. Si trattava di cerimonie collettive, di solito celebrate in cattedrale, ma per le ordinazioni singole o per quelle ai gradi più bassi si ammettevano anche altri luoghi. |
Le tappe dell'ordinazione |
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Chi intendeva avviarsi sulla strada del chiericato, dopo la tonsura, doveva essere investito degli ordini minori. Questi, spesso conferiti tutti assieme, erano:
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Il passaggio agli ordini maggiori prevedeva in successione le figure di:
Il termine prete deriva da presbiter, anziano. Nella Chiesa primitiva, infatti, erano proprio gli anziani (per età e per autorità) ad essere guida della ecclesia, ovvero comunità, chiesa. Con l'aumento del numero dei fedeli, l'ampliarsi dei bisogni e il complicarsi delle funzioni, si resero poi necessari degli aiutanti. Si delineò quindi l'iter della carriera ecclesiastica. |
In pratica, la mancanza dei requisiti richiesti veniva spesso sanata attraverso una dispensa accordata dal vescovo. |
I ministri dell'ordinazione |
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Ministro del sacramento dell'ordinazione era di norma il vescovo, in genere il titolare della diocesi in cui avveniva il rito. Solo in via subordinata la facoltà di ordinazione poteva essere accordata a non vescovi, di solito a regolari ritenuti adeguati, quali gli abati dei prestigiosi e potenti monasteri benedettini. |
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Le sanatorie più documentate sono quelle riguardanti la nascita illegittima e l'età. Reticenze nelle indicazioni dei cognomi non sono certo casuali, bensì finalizzate a coprire situazioni che potevano gettare discredito su importanti istituzioni ecclesiastiche. Al contrario la segnalazione di rapporti di parentela o amicizia con potenti signori laici o ecclesiastici era utile ad ottenere l'esenzione dai pagamenti connessi alle certificazioni. Dai verbali delle vite pastorali si evince che il requisito dell'età era assai poco rispettato per l'accesso agli ordini maggiori, spesso conferiti ad adolescenti. Dopo il controllo di tipo burocratico dei requisiti esterni, all'atto della tonsura - conferibile legalmente già a 7 anni -, la verifica del bagaglio teologico e delle competenze dell'aspirante sacerdote avveniva invece mediante un vero e proprio esame, al termine di un periodo di formazione. |
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Ultimo aggiornamento: 2 Aprile 2001 |