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Pasquale BATTISTA

Brevi note intorno alla storia del Convento dei Cappuccini di Triggiano.
La fondazione, la soppressione, la rinascita.

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Trascrizione, impaginazione e link: M. Mastrorilli, 2001 -

LA FONDAZIONE

Non è mai stato messo in dubbio che il convento dei Cappuccini di Triggiano fu fondato nel 1614, come peraltro è attestato da una iscrizione posta nell'architrave della Chiesa annessa.
Incerta è sempre stata, inveca, l'identità dell'ente che lo volle e lo costruì. Al riguardo sono state avanzate due opinioni tra loro antitetiche.
Per il Garruba il Convento sarebbe stato fondato dal principe di Triggiano Pappacoda [1], mentre per P.Daniele da Triggiano a fondarlo sarebbe stata l'Università (o Comune) di Triggiano [2].
Recenti ricerche hanno dimostrato l'assoluta mancanza di fondamento della prima opinione (tra l'altro nel 1614 i Pappacoda non hanno ancora il titolo di Principe) e nuovi documenti venuti alla luce autorizzano, senza alcun margine di dubbio, ad accedere all'opinione espressa dall'autore locale. Sfogliando un inedito manoscritto del «Casciero» dell'Università di Triggiano degli anni 1616-1617 [3], sul quale sono annotati tutti gli esiti comunali, si ha la prova definitiva della costruzione del monastero da parte del Comune.
Nel solo anno 1617, tra le altre, il Comune sopporta le seguenti spese:
«A Marino Ant. Gianniello altri tanti da lui spesi in tavole e pietanza alli detti Cappuccini come dalla fede: duc 12,3»;
«A Michele Nicolò per la compra fatta di murali quarantacinque pel servizio del Convento: duc 3»;
«A Michele di Filippo per tante giornate fatte in zoccare (intonacare? n.d.r.) al Convento delli Cappuccini: duc 4»;
«A Mastro Sebastiano Di Cillo per tante opere fatte per il Convento: duc 1,2»;
«A Paulo Ressa che pagò per la viatica della custodia delli Cappuccini: duc 3,2».

[1] M. Garruba, Serie Critica dei Sacri Pastori Baresi, Bari 1844, p.917.
[2] P. Daniele da Triggiano, Storia di Triggiano, Oria 1946, parte II, p.44.
[3] Archivio Parrocchiale di S. Maria Veterana, Conti dell'Università di Triggiano dell'anno 1617.

Non soltanto i Triggianesi e per essi l'Università vollero un monastero ma si impegnarono anche al sostentamento della comunità monastica:
«A Marino Ant. Giamiello per la pietanza per lui fatta alli padri Cappuccini nel suo Cascierato andante dal 22 novembre 1616 a tutto il 4 settembre 1617: duc 3».
Un impegno quest'ultimo che verrà costantemente mantenuto; in tutti i bilanci comunali successivi verrà sempre stanziata una somma annuale «per la solita pietanza alli RR. Capuccini» [4].
Come s'è visto i frati si erano installati nel chiostro prima ancora che quest'ultimo fosse completamente ultimato (1617).
A volere un convento (costruito da maestranze locali) da affidare ai Cappuccini fu dunque l'Università.
Ma perché l'Università volle un Convento, visto che in paese c'era già un Capitolo formato da oltre trenta sacerdoti secolari [5], più che sufficienti a fornire l'assistenza religiosa e spirituale ad una piccolissima popolazione?
Al riguardo le fonti tacciono e all'interprete non resta che calarsi nel contesto storico per tentare una risposta non molto lontana dal vero.
E la risposta è che i Triggianesi vollero creare un'isola dalla quale in un periodo di generale rilassatezza dei costumi un clero regolare irradiasse quella spiritualità che il clero secolare formato in gran parte da preti per convenienza e non per vocazione [6], non era in grado di esprimere.

[4] Archivio di Stato di Napoli, Conti Comunali, fascio 574.
[5] Archivio di Stato di Bari, Atti Notarili, Atto del Notaio Nitti dell'11 luglio 1588; Archivio Arcivescovile di Bari, Visite Pastorali, Busta 6 fascicolo 3.
[6] V. il mio «Prete per convenienza» su il «Cicloplano» n.120 del 1985.

Il Convento fu ubicato in aperta campagna lontano dalle mura (nuove) dell'abitato sulla strada campestre chiamata «delle piscine» perché ai suoi bordi i Triggianesi, per sfruttare il deflusso obbligato delle acque piovane dovuto a piccole depressioni del suolo, avevano costruito una serie ininterrotta di piscine. Appena costruito il convento la strada cambierà nome e si chiamerà «dei Cappuccini».
Con la costruzione del monastero si chiudeva una breve ma splendida stagione, iniziata nella seconda metà del secolo precedente, che vide a Triggiano per la prima volta (e forse per l'ultima), come ho già scritto, un intenso e meraviglioso fiorire di opere pubbliche tutte finalizzate alla sicurezza e alla elevazione dell'uomo in quanto tale: dalla costruzione delle mura intorno al paese a quella della Chiesa Matrice, a quella dell'ospedale, del monte di pietà, ecc. [7].
Il nostro monastero pose termine a quella breve stagione che senz'ombra di retorica può essere definita della rinascenza triggianese.
Dopo la sua fondazione l'Università perde ogni slancio e autonomia avviandosi verso un'inarrestabile decadenza.

[7] Cfr. la collezione de «Il Trebio».

LA SOPPRESSIONE

Non è questa la sede per descrivere l'intensa vita monastica che si stabilì nel nostro convento. Basti pensare che in esso nel '600 visse e operò da penitente Fra Donato da Triggiano morto in concetto di «servo di Dio»; in esso nel '700 scrisse le sue opere di filosofia Fra Raffaele da Triggiano che ho fatto conoscere per la prima volta, di recente, sulle colonne de «Il Trebio»; in esso Fra Tommaso da Triggiano, sempre nel '700, creò i bozzetti delle sue opere pittoriche eseguite in varie chiese e monasteri cappuccini, ecc..
Il piccolo convento restò una fucina di cultura e santità fino all'Unità. Ma subito dopo la costituzione del Regno d'Italia fu emanata la legge con la quale i conventi venivano soppressi e i loro beni incamerati dallo Stato. A una tale legge non si sottrasse il nostro monastero che non avendo fondi nè ricchezze d'altro genere poteva essere salvato dalla soppressione. Ma non una voce si levò per tentare di salvare il nostro poverissimo convento.
I nostri regitori locali d'allora che da borbonici codini s'erano trasformati d'incanto in garibaldini e mangiapreti, non potettero, per non perdere la nuova faccia, porre in essere qualche tentativo, come forse avrebbero voluto, per salvare il chiostro.
Il 10 giugno il Giudice Supplente Delegato del Regno Alessandro Manzionna prende in consegna il Convento per conto dello Stato [8].

[8] Questo ed altri documenti relativi alla soppressione sono stati da me rinvenuti in un fascio di vecchie carte sulla soffitta del palazzo di una famiglia di Triggiano che generosamente me li ha donati. Ho provveduto a consegnarli al P. Guardiano del Convento presso il quale, d'ora in poi, potranno essere consultati.
LA FONDAZIONE
LA SOPPRESSIONE
  1. Cultura e santità
  2. Lo «sgombro del chiostro»
  3. La cessione al Comune
LA RINASCITA

Ciononostante i Cappuccini di Triggiano sono restii ad abbandonare la loro casa e vi restano ancora fino a quando il 22 dicembre 1866 (triste Natale!) verranno letteralmente messi alla porta d'autorità.
«L'anno milleottocentosessantasei, il giorno 22 dicembre in Triggiano - Noi Giovanni Colonna, Ricevitore dell'uffizio di Capurso in esecuzione della legge... ci siamo conferiti nel Convento dei suddetti Padri Cappuccini, messo alla strada dei Cappuccini, ove abbiamo rinvenuto il superiore col titolo di Padre Guardiano a nome Alfonso Maria da Triggiano, facendo conoscere al medesimo la nostra missione, cioé lo sgombro del chiostro di tutti quanti i componenti questa Comunità e la redazione del presente verbale di sommaria verifica e ripresa in consegna dei locali, mobili e giardino già inventariati» [9].
I cappuccini dovettero obbedire: abbandonarono la loro casa per rifugiarsi presso le rispettive famiglie.
Prima ancora che i frati lasciassero il Convento, il Consiglio Comunale con una tempestività degna di miglior causa e con assoluta mancanza di tatto, che pure era doveroso nei confronti dei frati che ancora abitavano il Convento, il 18 dicembre 1866 all'unanimità decideva di chiedere allo Stato la cessione dei locali del Convento con chiesa annessa.
«Ritenuto che in questo Comune manca un asilo di mendicità, ed un ospedale per i poveri infermi, pei quali non esiste altro locale pubblico, tranne il solo Convento dei Cappuccini, il quale unicamente può soddisfare al bisogno suddetto; il Consiglio ad unanimità chiede formalmente al Governo del RE, da parte di questo Comune, la concessione dell'intero fabbricato, del piccolo orto annesso al Convento, e dei pochi mobili che risulteranno esistenti nel Convento dopo l'uscita dei Frati, per destinarsi ad uso di asilo di mendicità ed ospedale... e, risultando locali superflui, saranno adibiti per le scuole municipali dissestando il Comune di locali per questo uso decenti...» [10].

[9] Questo ed altri documenti relativi alla soppressione sono stati da me rinvenuti in un fascio di vecchie carte sulla soffitta del palazzo di una famiglia di Triggiano che generosamente me li ha donati. Ho provveduto a consegnarli al P. Guardiano del Convento presso il quale, d'ora in poi, potranno essere consultati.
[10] Questo ed altri documenti relativi alla soppressione sono stati da me rinvenuti in un fascio di vecchie carte sulla soffitta del palazzo di una famiglia di Triggiano che generosamente me li ha donati. Ho provveduto a consegnarli al P. Guardiano del Convento presso il quale, d'ora in poi, potranno essere consultati.

La cessione gratuita fu accordata e perfezionata per Notar Volpe di Capurso il 9 ottobre 1867 (trascritto nel Registro Atti Pubblici di Capurso al vol.9 fol.165).
Dal verbale di cessione si rileva che il Convento era così formato.
«Primo - Numero ventitrè stanzini superiori compreso il locale uso cesso e quelo ad uso di coro antico con suppenna sul lato del levante.
«Secondo - Numero tre locali ad uso cucina, un gran lamione per refettorio con due stanze retroposte e sottostante cantina.
«Terzo - Numero due stanzini nel Chiostro con altro piccolo sporgente alla porta d'ingresso ed un gran lamione sporgente sul giardino.
«Quarto - Infine la chiesa con due altri locali ad uso di sacrestia».
Il primo atto del Comune, una volta immesosi nel possesso del Monastero fu quello di disfarsi della biblioteca dei Cappuccini formata da quattrocento antichi volumi, parte dei quali manoscritti, di soggetto filosofico e teologico e per questo ritenuti dai nostri amministratori del tempo privi di ogni utilità (sic).
Purtroppo la relativa delibera non menziona l'Ente al quale la biblioteca fu «donata», ma dopo una «caccia» ultradecennale ho finalmente individuato con precisione il luogo in cui i libri furono portati, e tra non molto, riferirò ampiamente sull'argomento da queste colonne.

LA RINASCITA

L'autore locale con amarezza così pone termine al capitolo della sua «Storia di Triggiano» dedicato al nostro Convento.
«Fu chiuso con la legge della soppressione religiosa, per non aprirsi mai più» [11].
Il buon Padre Daniele che, non va dimenticato, era un cappuccino, non ebbe la gioia di vederlo riaperto prima che la sua opera fosse pubblicata. Ma il Convento ritornò a vivere. Nel 1947 quando la fabbrica del monastero aveva raggiunto il massimo del degrado e per secolare mancanza di manutenzione era divenuto poco più che un rudere, giunse inattesa all'Ente Comunale Assistenza una lettera del Provinciale dei Cappuccini Fra Guglielmo da Barletta.
Ecco ciò che racconta al riguardo in un suo scritto autografo Mons. Giuseppe Guerra, all'epoca presidente dell'E.C.A..
«Triggiano 26 luglio 1947.
«Nei primi giorni del mese di febbraio 1947 la Rev.ma Comunità dei Frati Cappuccini di Terra di Puglia inviò a questo E.C.A. una istanza tendente al riscatto dell'ex Convento.
«Appena giunta detta istanza inn segreteria, il segretario attualmente addetto, subito si interessò del caso, riferendo al Presidente il desiderio espresso dai predetti frati. Infatti il giorno 2 del mese di marzo si riunì il Consigli di Amministrazione dell'E.C.A. per decidere in merito, ma dopo brevi discussioni, ad unanimità fu deliberato di accettarsi la domanda di Padre Guglielmo (Provinciale) e redarre regolare delibera per l'approvazione da parte della Prefettura.
«La segreteria dell'E.C.A. appena dopo risolto il Consiglio si affrettò alla composizione della delibera inviandola in prefettura per l'approvazione. Dopo circa un mese la deliberazione venne approvata dalla Prefettura per la vendita dell'ex Convento dei frati Cappuccini pel prezzo convenuto di L.400 (quattrocento).
«Invitati i frati e rendendoli edotti del provvedimento del Prefetto, questi in data 21 c.m. si sono recati in Triggiano per redigere nelle mani del notaio Signorile un compromesso, versando detta somma nelle mani di Mons. Guerra (Presidente E.C.A.) che la terrà a disposizione fino alla riunione del Consiglio dell'E.C.A..» [12].

[11] P. Daniele da Triggiano, Storia di Triggiano, Oria 1946, parte II, p.44.
[12] Archivio Arcivescovile di Bari, carte di Triggiano.

In tutta la vicenda della restituzione del monastero ai Cappuccini spicca la grande figura di Mons. Giuseppe Guerra, che per il ritorno dei frati aveva preparato il terreno.
Ho già detto che la lettera del provinciale intesa a riottenere il Convento giunse a Triggiano inattesa: inattesa per tutti ma non per don Peppino che, da accorto regista, già in precedenza aveva preso riservatissimi contatti col Provinciale dei Cappuccini.
Molto probabilmente oggi non avremmo il Convento come certamente non avremmo l'Ospedale se al momento giusto non ci fosse stato «don Peppino», questo sacerdote d'eccezionale tempra morale sempre pensoso del benessere materiale e spirituale del suo paese.
E dire che il Comune, sempre immemore, non ha ancora espresso la sua riconoscenza dedicandogli almeno una strada!
La richiesta dei Cappuccini, immediatamente diffusa da mons. Guerra suscitò grande entusiasmo nella popolazione: un entusiasmo che, poco più tardi, verrà concretamente manifestato con spontanee e generosissime offerte di denaro per la ricostruzione, l'ampliamento e l'ammodernamento dell'edificio.

Lo scritto del Presidente dell'E.C.A., e l'entusiasmo plebiscitario dei triggianesi per il ritorno dei Cappuccini è confermato da una lettera del 24 febbraio 1947 scritta dal già citato Provinciale dei Cappuccini Fra Guglielmo da Barletta; una lettera che aggiunge altri particolari interessanti per la storia del nostro Convento, e che qui di seguito trascrivo.
«Il Convento dei PP. Cappuccini di Triggiano fu soppresso in seguito alla legge del luglio 1866. Con l'art.20 della legge 7-7-'866 n.3036 fu assegnato al Comune il fabbricato del suddetto Convento.
«Questo fu poi acquistato da privati i quali, in seguito, lo cedettero alla Congregazione di Carità. Cessata l'esistenza giuridica di questa, e originatasi l'E.C.A., il Convento passo alle dipendenze della medesima.
«In data 27-2-1947 il Consiglio Amministrativo dell'E.C.A. presa in considerazione la domanda del Provinciale dei Cappuccini di Puglia, P. Guglielmo da Barletta, e tenuto conto della plebiscitaria richiesta del Popolo di Triggiano, cedeva all'Ente Provincia dei Cappuccini i locali del già Convento dei Cappuccini. Col beneplacito dell'Ordinario del luogo S. Ecc. Marcello Mimmi e col consenso del Definitore Generale, comunicato in data 26-6-1947, i Cappuccini prenderanno possesso del loro antico Convento il 27-7-1947 alle ore 19.» [13].
Il desiderio dei Triggianesi di riavere tra loro una Comunità di Cappuccini fu tenuto presente e sottolineato dall'arcivescovo Mimmi, nell'atto con cui concesse il proprio assenso:
«Letta la domanda a noi rivolta dal Provinciale dei Cappuccini di Puglia; tenuto presente il desiderio del Popolo di Triggiano di ricevere la Comunità dei PP. Cappuccini,
«nel nome del Signore
«e con animo lieto concediamo il nostro beneplacito per il possesso dell'antico Convento e disponiamo che domenica, 27 luglio 1947 i RR.PP. Cappuccini inizino il loro apostolato in mezzo a quel Popolo che conosce tutto il bene spirituale che i loro antenati ebbero nei tempi passati dai Cappuccini.» [14].

[13] Archivio Arcivescovile di Bari, carte di Triggiano.
[14] Archivio Arcivescovile di Bari, carte di Triggiano.