Nel secolo XIV
le abitazioni urbane spesso hanno un cellario: il
duomo ha anzi un laico come
gubernator cellariorum. Molto frequenti nei documenti sono le indicazioni di
grandi quantità d'olio e di vino conservate in casa, che sembra avere il deposito a piano terra, per facilitare il trasporto di contenitori e botti. Esistono
frantoi anche
in città (come nel 1306 presso
Santo Stefano de castello).
L'esame dei contratti privati di vendita e di fitto di beni immobili urbani fornisce indicazioni significative: innanzi tutto la presenza in Bari in
periodo angioino di
numerose case dirute, date generalmente in fitto o in enfiteusi, mentre gli atti di vendita sono relativamente pochi.
È facile pensare ad una scarsa disponibilità delle grosse somme necessarie a comprare abitazioni, come alla presenza di un'industria di riutilizzazione dei materiali o di riparazione che rendeva
più conveniente riattare una casa che costruirne una nuova. È del resto etremamente rara l'indicazione di
domus nova, e nessuna in un contratto di vendita.
I quartieri della città che registrano i prezzi di vendita più alti sono quelli di
Santa Maria del Buon Consiglio, del
duomo e di
Santa Pelagia, cioè due quartieri molto antichi in cui maggior spazio è aperto all'industria di riutilizzazione e ricostruzione, ed un quartiere più recente ed in espansione.
Dati ricavabili dai documenti privati testimoniano della scarsa circolazione monetaria nel
periodo aragonese.
Le vendite di beni immobili urbani appaiono poco numerose, e tutte per somme esigue se confrontate a quelle delle
epoche normanna e
sveva.
Più frequenti le permute, e molte le testimonianze di debiti e prestiti, spesso effettuati da Ebrei. Le
attività edilizie sembrano
rallentate se non ferme.