10. La relazione tra liturgia e chiesa
Prima di affrontare il tema dell'adeguamento delle chiese secondo la riforma
liturgica sembra opportuno dedicare qualche riflessione alla relazione che
intercorre tra la celebrazione e l'edificio in cui essa si attua. Lo scopo
è di mettere in luce quanto tale relazione sia intensa e qualificante,
vada nei due sensi: dalla liturgia alla chiesa-edificio e viceversa. Con
queste riflessioni vorremmo mettere in luce le ragioni per cui l'adeguamento,
almeno in linea di principio, lungi dall'essere un evento eccezionale e
in qualche modo pericoloso, sia da considerare un fatto del tutto normale
e compatibile con l'identità stessa delle nostre chiese.
11. La chiesa e il suo spazio per la celebrazione liturgica
Dal momento che la destinazione all'azione liturgica la qualifica radicalmente,
la chiesa non si può considerare una generica opera architettonica.
Essa infatti è debitrice della sua conformazione alla relazione che
la lega all'assemblea del popolo di Dio che vi si raduna. É l'assemblea
celebrante che «genera» e «plasma» l'architettura della
chiesa. Chi si raduna nella chiesa è la Chiesa - popolo di Dio sacerdotale,
regale e profetico - comunità gerarchicamente organizzata che lo
Spirito Santo arricchisce di una moltitudine di carismi e ministeri. La
Chiesa, in qualche modo, proietta, imprime se stessa nell'edificio di culto
e vi ritrova tracce significative della propria fede, della propria identità,
della propria storia e anticipazioni del proprio futuro. Lungo il corso
dell'anno liturgico l'assemblea locale si raduna nell'edificio di culto,
in comunione con tutta la Chiesa, per fare memoria del mistero pasquale
di Cristo, nell'ascolto delle Scritture, nella celebrazione dell'Eucaristia,
degli altri sacramenti e sacramentali e del sacrificio di lode. Nelle chiese
inoltre la comunità credente accoglie con simpatia ogni uomo che
per qualunque ragione bussa alla sua porta e a lui, mediante segni visibili,
fa intuire la propria fisionomia e, in qualche modo, rivolge la sua parola.
L'assemblea che celebra, manifestando nella sua conformazione e nei suoi
gesti il volto della Chiesa, è una realtà eminentemente viva,
dinamica, «storica», in continua, anche se lenta, trasformazione.
La liturgia, al di là delle apparenze, è profondamente sensibile
rispetto alle vicende e alle trasformazioni ecclesiali e sociali. Salvo
alcuni elementi essenziali ed immutabili, è anch'essa una realtà
non definita una volta per tutte. Di conseguenza anche l'edificio della
chiesa - almeno per quanto riguarda la tradizione latina - non è
definito una volta per tutte, ma si modifica nel corso del secoli, come
testimonia ampiamente la storia dell'arte occidentale. Non in tutte le epoche,
tuttavia, la liturgia ha avuto lo stesso ruolo predominante: in alcuni periodi
storici, specialmente dal Medioevo all'epoca presente, altri fattori hanno
influito, come lo spirito devozionistico o il dialogo con la cultura e con
l'arte, prevalendo di fatto rispetto alla prospettiva liturgica. Il punto
sul quale intendiamo rivolgere l'attenzione è che, innanzi tutto,
tra assemblea celebrante e edificio nel quale avviene la celebrazione sussiste
un legame profondo: la celebrazione della liturgia cattolica è tutt'altro
che indifferente all'architettura e, viceversa, l'architettura di una chiesa
non lascia indifferente la liturgia che vi si celebra. In secondo luogo,
tale legame non è dato una volta per tutte ma muta nel corso della
storia: come non esiste una liturgia immutabile, così non esiste
un'architettura e un'arte per la liturgia che siano immutabili. Di conseguenza
è necessario abbandonare l'erronea convinzione secondo la quale,
essendo immutabile la liturgia cattolica, anche l'architettura in cui la
liturgia si sviluppa dovrebbe considerarsi immodificabile.